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Che cosa stiamo aspettando in questo anomalo tempo d’Avvento?

Tra un tampone e l’altro, tra un periodo di isolamento e l’altro, è arrivato Natale. Non è questo il senso di attesa che porta l’avvento. In queste settimane che ci avvicinano a Natale ci è chiesto di prepararci, di darci uno spazio in cui aspettiamo la buona notizia e la iniziamo ad assaporare piano piano. In questo periodo in cui l’attesa si fa ansiosa perché porta con sé incertezza, smarrimento, paura e impreparazione, possiamo ritagliarci un tempo di grazia per prepararci a un evento che certo si ripete ogni anno e ogni anno si preannuncia grandioso: Dio è venuto nel mondo. Questa strana epoca che ci coglie sempre come di sorpresa, implicati e coinvolte in un continuo attivismo e nella produzione di contenuti, di servizi, di lavoro mette in luce il bisogno di prenderci uno spazio per aspettare un evento che è preannunciato ma è sempre e ancora eccezionale per il suo significato profondo: Dio è venuto nel mondo per trasformare la mia vita.

La pandemia e le sue conseguenze per le nostre vite non erano annunciate, anche nella seconda ondata il contagio in aumento ci ha colti di sorpresa e non ci ha permesso di prepararci adeguatamente. Anche se ci avevano detto che una seconda ondata ci sarebbe stata, quando essa è arrivata ci ha raggiunti senza precauzioni, stanchi e demotivate. Abbiamo perfino smesso di prospettare una fine della pandemia, ci siamo immersi nell’incertezza e nell’impossibilità di programmare la nostra esistenza.

Questo tempo così carico di diverse attese ha bisogno di essere messo sotto una luce particolare, la luce chiara e calda della presenza di Dio anche nelle nostre vite confuse e incerte. In modo particolare oggi che le nostre vite sono fatte di un susseguirsi di affannate giornate in smart working, in isolamento, in attesa di fare un tampone o di avere il risultato del tampone, e sono diventate vite frenetiche e immobili contemporaneamente perché saltiamo da un incontro all’altro, da un appuntamento all’altro senza soluzione di continuità, restando per ore inchiodati al nostro schermo di computer, tablet, telefono sempre più chiusi in casa, abbiamo bisogno di uno spazio per prepararci ad accogliere anche quest’anno la nascita di Gesù, la venuta di Dio in mezzo all’umanità, in mezzo alla nostra umanità. Questo spazio può essere vario: un tempo di preghiera, di meditazione, ma anche solo il breve istante per mangiare un cioccolatino del calendario dell’Avvento, per gioire e pregustare la vicinanza di Dio, un tempo sospeso per riconoscere che anche in questo strano anno in cui la Terra geme ed è in travaglio, Gesù ci viene incontro per redimerci e salvarci.

Nel 1938, in una delle notti più buie e tragiche della storia della Germania – e del mondo – il teologo e poeta tedesco Jochen Klepper, che vide la sua famiglia spazzata via dalle leggi razziali e perciò si tolse la vita, scrisse «La notte sta finendo, il dì non è lontano, le nostre voci uniamo, le lodi a Dio cantiamo. Chi nella notte ha pianto dimentichi il dolore: la notte del suo cuore rischiara il Salvator» (traduzione italiana in metrica a cura di Joachim Langeneck).

Dio viene nel mondo inerme come un bambino appena nato, ma potente e abbagliante come la luce di una stella, può riscattarci da ogni nostro dolore e trasformare ancora una volta le nostre vite. Per questo lo aspettiamo pregustando la grazia con cui ci viene incontro e si rende presente nelle nostre vite.