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Armenia-Azerbaijan, l’appello delle chiese francesi per i cristiani nella regione

Il recente conflitto in Nagorno-Karabakh ha provocato lo spostamento forzato di decine di migliaia di civili in Armenia. L’attenzione di quasi tutti i media si è immediatamente spenta ( fra le poche eccezioni in Italia ricordiamo ad esempio Simone Zoppellaro, collaboratore anche di Radio Beckwith e più volte ospite di queste pagine, che ogni giorno aggiorna il pubblico su una situazione sempre più tesa) ma la regione è ora sconvolta da pesanti attacchi contro i civili e le chiese e i simboli cristiani.

 Il 9 novembre, Armenia e Azerbaigian hanno firmato un accordo di cessazione delle ostilità, ponendo fine a sei settimane di guerra violenta nella regione. Sotto l’egida del presidente russo Vladimir Putin, questo accordo conferma la vittoria dell’esercito azero, attivamente sostenuto dal turco Recep Tayyip Erdogan. Secondo i termini del testo, Yerevan dovrà restituire a Baku il controllo di diversi distretti che circondano il Nagorno-Karabakh, e più di 2.000 soldati russi saranno schierati per almeno cinque anni in questa repubblica autoproclamata, popolata da armeni, per garantire il cessate il fuoco. il fuoco. L’esercito russo garantirà anche il mantenimento di un corridoio terrestre tra l’Armenia e il Nagorno-Karabakh.

Iniziato il 27 settembre, il conflitto ha causato migliaia di vittime civili e militari da entrambe le parti. In Nagorno-Karabakh, decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. Un «disastro umanitario» per l‘Unione delle Chiese evangeliche armene di Francia (Ueeaf), che parla di circa 110mila rifugiati o sfollati. Attraverso la sua associazione umanitaria Hope for Armenia, l’Ueeaf ha lanciato «un appello urgente ai cristiani in Francia». Il suo comunicato stampa afferma: «Dobbiamo venire in aiuto di queste popolazioni indigenti, sostenerle materialmente e spiritualmente, in modo che possano tornare alle loro case, se possibile, e avere abbastanza per garantire il loro sostentamento».

L’Unione delle Chiese specifica che gli aiuti ricevuti saranno «rapidamente» utilizzati dai suoi rami umanitari e dalle sue chiese. Il tono è lo stesso per l’associazione “Solidarietà protestante franco-armena” che ha curato progetti umanitari e che da trent’anni lavora in Armenia. Per il suo presidente, Janik Manissian, «ora è il momento di sanare le ferite aperte nella carne e nell’anima di questo popolo che desiderava solo vivere quotidianamente in questa terra». Tra il 1991 e il 1994 c’era già stata una guerra tra le due ex repubbliche socialiste sovietiche di Armenia e Azerbaigian, conclusa con una vittoria armena e l’indipendenza de facto della repubblica del Nagorno-Karabakh, chiamata Artsakh dagli armeni.

Il territorio Baku aveva promesso di reclamare, anche con la forza quelle terre. Ricco di idrocarburi, l’Azerbaigian è governato dal 1993 da un unico clan, la famiglia Aliyev. Dopo il padre, Heydar, al potere fino alla sua morte nel 2003, ora è suo figlio, Ilham, a governare il paese con il pugno di ferro. A capo di un regime dittatoriale l’Azerbaigian occupa il 168° posto su 180 nella classifica mondiale della libertà di stampa della Ong Reporter Senza Frontiere, Ilham Aliyev è, con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, uno dei principali negazionisti della realtà del genocidio armeno. Perpetrato dall’Impero Ottomano, nel mezzo della Prima Guerra Mondiale, aveva causato oltre un milione di morti fra la popolazione armena.

Anche il Consiglio delle Chiese cristiane in Francia (Cécef), in collaborazione con le Chiese cristiane armene in Francia, esprime la sua più grande preoccupazione per l’attuale situazione nel Caucaso.

In un comunicato firmato dai tre presidenti del Consiglio delle chiese cristiane, il pastore François Clavairoly, il Metropolita Emmanuel e il Vescovo Éric de Moulins-Beaufort il Cécef si dice «ben consapevole che il cessate il fuoco firmato il 9 novembre 2020 da Armenia e Azerbaigian è fragile e che il ricco patrimonio culturale e religioso del Caucaso deve essere rispettato». Per questo, insieme alle Chiese cristiane armene, «invita tutti i fedeli a pregare perché si possa trovare una pace duratura e giusta, mentre si appella per l’assistenza della comunità internazionale». Il Cécef «prega per tutta la popolazione armena della regione colpita da questi terribili eventi. Incoraggia tutte le Chiese a mostrare concreta solidarietà al progetto di aiutare il popolo del Caucaso, in occasione delle collette durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del gennaio 2021. Invita i leader di questa regione del mondo al discernimento e alla saggezza sulla via del rispetto della persona umana, della giustizia e della pace, come ricordato in particolare dalle Chiese e dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, chiamando i paesi del gruppo di Minsk a prendere iniziative urgenti, sotto gli auspici dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa».

 

Nella foto il monastero di Dadivank