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Senza donne? Non se ne parla!

Il diritto di esserci. Il dovere di rappresentare la realtà. Sì, purtroppo c’è ancora bisogno di ricordarlo. Perché ancora, e troppo spesso, in convegni, commissioni, comitati, conferenze, dibattiti si vedono «solo uomini essere invitati a parlare». Vedere che un solo genere è rappresentato «è un assurdo, un’esclusione d’altri tempi; una privazione per la società. Una cattiva e fuorviante rappresentazione del reale».

Quest’allarme, lanciato già più volte e in varie occasioni, ultimamente è stato ripreso dalla Commissione europea con una Campagna ad hoc e che oggi è rilanciata e promossa con forza dalla direttrice di Rai Radio1 (e del Giornale radio Rai), Simona Sala.

«Aprite gli occhi: le donne ci sono, in qualsiasi settore, su qualsiasi tema – afferma l’appello diffuso l’altro ieri da Simona Sala -. Gli esperti non sono solo uomini, anche se, a parità di ruolo, continuano a guadagnare di più e anche questo è un triste gap da superare. Un panel con rappresentanti solo maschili è la fotografia di un piccolo mondo antico, di un dibattito monco, inutile, dannoso».

Eppure sono ancora tanti, troppi i panel realizzati così, «con uno squilibrio di genere, che sa di rimozione».

Sempre più uomini dicono il loro secco no quando si verifica questa situazione di squilibrio, ricorda l’appello, «declinando l’invito».

Tuttavia «è il momento di insistere… I diritti delle donne sono diritti di tutti. Il salto culturale è necessario per sradicare modelli e stereotipi che sono alla base anche della violenza di genere».

Rai Radio 1 e senza indugi dunque rilancia in questi giorni la Campagna No Women no panel / Senza donne non se parla in collaborazione con la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia e della sua Commissaria Ue Mariya Gabriel, ideatrice dell’iniziativa.

«Ci impegniamo per un’equa rappresentanza di genere in tutte le trasmissioni – ha rilevato Sala -, per valorizzare il talento e le competenze delle donne e degli uomini impegnati egualmente a dare il proprio contributo allo sviluppo civile, economico e culturale del Paese».

La Campagna chiede a tutte le sedi istituzionali, pubbliche, private, al mondo scientifico e mediatico, di aderire a questo impegno, ossia di «inserire in maniera quanto più possibile paritaria nei convegni, nelle conferenze, nelle commissioni, nei dibattiti radiotelevisivi, sui giornali, presenze femminili e maschili».

E «nel caso che ciò non sia garantito – conclude Sala  -, si può sempre dire “no, grazie”. Il pluralismo è anche questo. State con noi», conclude la direttrice di Radio1.

Tra le iniziative da ricordare a favore delle parità di genere nel dibattito pubblico, politico e sociale, culturale e professionale, citiamo ad esempio, il Manifesto di Venezia, la Carta deontologica siglata nel 2017, frutto di un’elaborazione che ha coinvolto, oltre all’Ordine dei giornalisti, la Federazione nazionale della stampa Italiana (Fnsi), l’Usigrai (il sindacato della Rai), l’Associazione GiULiA e il sindacato della stampa veneta.

Il «Manifesto delle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto e la parità di genere nell’Informazione» è stato presentato nella città lagunare il 25 novembre del 2017, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, Giornata che anche quest’anno si avvicina (un incontro promosso dall’Associazione Articolo 21 liberi dilancerà l’iniziativa Senza donne non se parla, mercoledì 25 novembre, con un webinar previsto dalle 13,30 alle 14,30. Per iscriversi e consultare il programma, clicca al link sopra).

«Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto di Venezia – recita la Carta di Venezia – ci impegniamo per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali e giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per un profondo cambiamento culturale della società e per il raggiungimento di una reale parità».

Un’altra iniziativa ecumenica e pluralista e da ricordare certamente è la firma dell’Appello ecumenico per fermare il femminicidio e gli abusi di genere, avvenuta il 9 marzo 2015 presso il Senato della Repubblica. Un appello promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) insieme alla Conferenza episcopale italiana (Cei) e a una rappresentanza di chiese ortodosse presente nel nostro paese (tra cui la Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta, la chiesa copto-ortodossa) ed esponenti della chiesa anglicana, della chiesa cattolica ucraina di rito bizantino e della chiesa armena apostolica.

«Il rispetto della vita – ricorda l’appello (leggi la notizia, guarda le foto e consulta il testo integrale cliccando al link sopra dell’Agenzia stampa Nev) – e la pari dignità di ogni creatura sono beni al cuore della fede cristiana, che ci invita ad abbattere i muri che discriminano, escludono, emarginano le donne. Come comunità cristiane rivolgiamo un appello alle istituzioni scolastiche ed educative, alle agenzie culturali e pubblicitarie, agli organi di stampa, perché anch’essi promuovano un’immagine della donna rispettosa della sua identità, della sua dignità e dei suoi diritti individuali […]».