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Messico, le femministe pretendono verità e giustizia per Alexis

I testimoni hanno parlato di parecchie decine di manifestanti – mascherate – che il 13 novembre hanno fatto irruzione negli uffici (definiti un “bunker”) del procuratore generale del Messico. La loro richiesta – già avanzata da tempo con manifestazioni e appelli – riguardava l’uccisione della ventenne  Blanca Alejandrina Lorenzana Alvarado (Alexis), un femminicidio particolarmente odioso e su cui finora le autorità non hanno mostrato di voler fare più di tanto chiarezza. Le donne hanno fatto uso di martelli sia per rompere le finestre, sia per forzare le porte e poter entrare nell’edificio governativo. Prelevando quindi incartamenti e documenti vari per darli alle fiamme.

L’assassinio di donne in Messico costituisce uno stillicidio quotidiano, ma il caso di Alexis ha suscitato un’ondata di proteste in tutto il paese come non si vedevano da tempo.

La giovane era scomparsa il 7 novembre nello Stato  di Quintana Roo. Immediate le ricerche effettuate da parte di amici e familiari, ma purtroppo vane. Il suo corpo straziato (e presumibilmente sottoposto a tortura) veniva ritrovato due giorni dopo in due sacchi per l’immondizia

Come denunciarono i suoi amici “Alexis fue levantada y torturada por el solo hecho de ser mujer, de ser joven y de salir a vender productos a la calle que ofertaba desde aplicaciones digitales como medio de subsistencia”.

Di tutti i numerosi femminicidi denunciati quest’anno dalle organizzazioni femministe, la Fiscalia del Estado di Quintana Roo ne ha riconosciuti come tali solamente dodici.

Anche Alexis, attraverso le reti sociali, si associava ai milioni di donne messicane che esigono giustizia per le vittime in un Paese dove quotidianamente vengono assassinate in media dieci donne “por el solo hecho de serlo”.

E dove spesso la legislazione locale (e in particolare – coincidenza – proprio quella di Quintana Roo) si oppone sia alla depenalizzazione dell’aborto, sia a classificare come “feminicidio” le uccisioni di donne avvenute per questioni di genere.

Solo qualche giorno prima a Cancun  si erano tenuta un’intera giornata di manifestazioni, proteste e interventi per le ultime tre uccisioni di donne (tra cui appunto Alexis) avvenute nel corso della precedente settimana.  All’iniziativa avevano partecipato femministe, esponenti della società civile, gruppi per la difesa delle donne, studenti e militanti della sinistra. Diverse donne e ragazze, completamente vestite di nero, ricoprivano i muri della città con scritte (“Justicia para Alexis”, “Quintana Roo feminicida”..) e infrangevano qualche vetrina.

A difesa del municipio, dove confluiva la manifestazione, erano state erette dalla polizia alcune barricate. Contro di queste – e contro qualche  finestra – le donne avevano scagliato pietre e altri oggetti. Da parte della polizia anti-sommossa si reagiva sparando (ufficialmente solo in aria), sia con le pistole che con fucili da caccia (come ben documentato dalle immagini di alcuni video). Due giornalisti erano rimasti feriti.

E’ assai probabile – vista l’intensità della sparatoria – che altre persone (manifestanti o spettatori) siano state colpite dai proiettili, ma che abbiano preferito non recarsi all’ospedale dove rischiavano l’arresto.

Stando alle dichiarazioni della coraggiosa giornalista Lidia Cacho, la polizia di Cancun sarebbe sospettata di collusione con un cartello della droga.

Quintana Roo, inoltre, è tristemente noto per essere uno dei tre stati messicani con il maggior numero di bambine desaparecidas e il primo nella tratta e nello sfruttamento sessuale dei minori (sia da parte dei locali che dei numerosi turisti).

Contemporaneamente alla manifestazione di Cancun repressa a fucilate, gli esponenti del collettivo Marea Verde erano scesi in piazza a Chetumal per poi entrare nell’ufficio del procuratore generale di Stato. Nella stessa giornata le militanti femministe manifestavano a Cozumel – sempre chiedendo giustizia per Alexis – davanti alle istallazioni del FGE.

Altre manifestazioni si erano tenute al tribunale di Felipe Carrillo Puerto. Scontata la richiesta, finora inevasa dalle autorità, di garantire la sicurezza delle bambine, delle adolescenti e delle donne adulte, in egual misura vittime di  aggressioni, stupri e uccisioni. 

 

Foto di Juan Carlos Fonseca Mata, manifestazioni in Messico, 2020