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Luigi Manconi: «Il soccorso in mare è un diritto inalienabile»

«Sono 925 i migranti morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno nel tentativo di raggiungere l’Europa; 31.214 i rifugiati giunti sulle nostre coste dallo scorso gennaio e molti di questi persone fuggite dalla Libia o dalla Tunisia; 11mila, invece, i migranti riportati in Libia dall’inizio anno e intercettati dalla “cosiddetta” guardia costiera libica; 695, infine, le persone a bordo della nave-quarantena Azzurra che ha raggiunto il porto di Augusta». 

In pochi giorni sono state più di cento – donne, bambini, uomini – le persone inghiottite dal mar Mediterraneo. Il resoconto di questa catastrofe è disponibile sul sito dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim).

«Numeri ai quali corrisponde sempre un nome. Nomi di persone spezzate, umiliate e vessate, che ci ricordano una tragedia quotidiana: quella dei viaggi affrontati da chi tenta di fuggire da guerre e povertà; traversate pericolose, in condizioni precarie e disumane intraprese pe cercare una vita migliore, lontana da violenze e da abusi. Viaggi che, troppo spesso, purtroppo, terminano nei fondali del nostro mar Mediterraneo», dice a Riforma.it Luigi Manconi, sociologo e già presidente della Commissione diritti umani del Senato e fondatore di A Buon diritto.

«Morti inaccettabili», come lo è stata quella del piccolo Joseph di appena sei mesi, pochi giorni fa. 

«Per tentare di porre un limite, un argine, a questa tragedia – prosegue Manconi -, su sollecitazione delle Ong impegnate nel salvataggio di vite nel mar Mediterraneo, abbiamo deciso di istituire un Comitato per il soccorso in mare». 

Comitato di cui Manconi è il coordinatore e nel quale siedono molti giuristi italiani.

«Tre membri del Comitato non sono costituzionalisti, tra i quali il sottoscritto – ricorda Manconi -, tutti gli altri sono esperti di Diritto del mare e del Diritto Internazionale». Tra questi, citiamo Vittorio Alessandro, Francesca De Vittor, Luigi Ferrajoli, Paola Gaeta, Federica Resta, Armando Spataro, Sandro Veronesi, Vladimiro Zagrebelsky. 

«Insieme lavoreremo sul tema specifico del diritto al soccorso – prosegue Manconi -, un diritto fondamentale. Un diritto fondato sul senso di comunità, reciprocità, mutuo aiuto, prossimità. Un diritto alla vita che esorta tutti a comprendere che, se saremo capaci di salvare il nostro prossimo, potremo salvare anche noi stessi, quando quel prossimo saremo noi. Dal diritto al soccorso, emerge il tema dei legami sociali», rileva Manconi. 

Quando il piccolo Joseph ha perso la vita tre giorni fa, altre 250 persone sono state messe in salvo dalla nave umanitaria Open Arms, l’unica Ong attualmente presente in mare. 

Una Ong che opera in stretta collaborazione con Mediterranean Hope, il programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei). Collaborazione nata nel 2018, quando la Fcei decise di sostenerla economicamente e operativamente, mettendole a disposizione le strutture presenti in Sicilia: a Lampedusa (con l’Osservatorio per le migrazioni) e a Scicli (dove opera la Casa delle culture).  

La Federazione delle chiese evangeliche è da tempo impegnata in tema di aiuti umanitari ed (oltre ad aver lanciato l’iniziativa ecumenica e pilota in Europa dei Corridoi umanitari) è stata promotrice di una rete europea tre le chiese protestanti proprio sul tema di diritti umani e del diritto al soccorso. Tra le collaborazioni emerse, un esempio è quello che vede oggi le chiese protestanti tedesche sostenere le attività della Sea Watch (leggi articolo del coordinatore di MhPaolo Naso). 

Alla Sea Watch però, per ora, non è permesso solcare il mare: «Sei imbarcazioni sono sotto fermo amministrativo – ricorda Manconi -. Questa situazione mette a rischio la vita di molte persone. La campagna di delegittimazione “anti-Ong” attuata tempo fa – quando le Ong furono additate di essere dei “taxi del mare” e dunque di operare in correità con i trafficanti di essere umani – determina ancora oggi alcuni effetti negativi. Come negativi, sono stati i decreti sicurezza  – il Salvini due –  e  il decreto immigrazione (del 6 ottobre scorso) che, spiace constatare, non scioglie alcune ambiguità relative al soccorso in mare. In questo quadro sociale e normativo, così complicato, abbiamo ritenuto importante raccogliere l’invito delle Ong». 

«L’idea – continua Manconi – è quella di far nascere un Comitato che possa aiutare le Ong nella loro missione, promuovendo un’azione persuasiva e indirizzata alle istituzioni e alle autorità competenti. Ovviamente anche all’opinione pubblica. Per restituire dignità e autorevolezza al tema del soccorso in mare. Obiettivo del Comitato  è liberare le Ong da quei veti normativi e culturali che, di fatto, ne impediscono l’azione. Contribuire al ripristino di un sistema istituzionale di ricerca e di soccorso in mare; infine favorire possibili nuove collaborazioni tra i ministeri competenti e la Guardia Costiera».

Un lavoro, ricorda Manconi «che faremo di concerto tutte le Ong che oggi promuovono il soccorso in mare. Proactiva Open Arms,Sea WatchSea EyeMedici senza frontiereMediterranea – Saving HumansSos MediterranéeEmergencyAita Mari e ResQ».  

Il soccorso in mare ha concluso Manconi, «è un diritto inalienabile. Un diritto che non può essere assimilato a comportamenti illegali, e dunque sanzionabile penalmente. Il Comitato intende porsi come autorevole strumento di affermazione per questo diritto alla vita».

 
Illustrazione di Francesco Piobbichi