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Fototessere 9: nel Signore l’inizio di una nuova vita

Prosegue la serie di incontri dialogati che Paolo Ricca realizza per Riforma e che ha visto finora i ritratti di Maria Paola RimoldiAnnapaola CarbonattoMatteo FerrariFulvio FerrarioGabriella CaramoreVito TamboneAndrea Demartini e Marco Cassuto Morselli: uomini e donne che hanno dei ruoli conosciuti all’interno delle chiese evangeliche in Italia o nell’ambito ecumenico, ma anche persone che, pur non avendo incarichi conosciuti ai più, portano con sé un’esperienza di fede significativa per tutti e tutte noi.

 

Non so se sia mai accaduto, nella lunga storia del nostro settimanale (Riforma, ma prima La Luce e altre testate ancora) di ospitare una intervista a una giovane donna cinese diventata cristiana (la vedete nella foto, con il marito Umberto). Può davvero essere la prima volta che accade. Ma sicuramente non sarà l’ultima. Se l’Europa continua a indurire il suo cuore nei confronti della Parola di Dio, e permane il suo «torpore» (Isaia 29, 10), il futuro del cristianesimo si giocherà in Oriente, e forse proprio in Cina, e questo futuro è già cominciato. Shangli (questo è il suo nome; il cognome è Xu) non solo è diventata evangelica, ma si è iscritta al corso a distanza della Facoltà Valdese di Teologia di Roma, perché vuole prepararsi per evangelizzare, in patria o dovunque si trovi: una decisione bellissima, assecondata dal marito. Shangli è nata in provincia di Hubei il 5 gennaio 1981. Laureata in Educazione fisica, ha poi lavorato nel commercio internazionale, dove ha conosciuto l’italiano Umberto Pellegri, sposandolo nel 2010 e trasferendosi con lui a Milano. Attualmente sono entrambi in Portogallo. Lo studio in Facoltà procede bene: Shangli ha già sostenuto con successo tutti gli esami del 1° anno accademico.

– Lei è cinese e cristiana. È nata in una famiglia cristiana ? Se non era cristiana, praticava qualche altra religione, oppure no?

«Sì, sono cinese e cristiana. Sono nata in una famiglia atea».

– Se la Sua famiglia d’origine non era cristiana, lei è diventata cristiana fuori della famiglia, a un certo momento della sua vita. Ci racconti dove e come è avvenuta la sua conversione. 

«Nel 2007, a Shenzhen in Cina, per salvare il mio primo matrimonio ho deciso di cambiare lavoro, perché il precedente era distante da dove vivevo. Qui ho incontrato una collega cristiana. Nel giro di due anni purtroppo ho divorziato e vivevo la mia vita come una grande delusione, fin dalla mia nascita. Questo perché ho vissuto il trauma di una famiglia di tradizione patriarcale e maschilista e mi sentivo stanca di lottare contro questa ingiustizia e questo sentimento di inferiorità dovendo costantemente, prima nello studio e poi nel lavoro, dimostrare il meglio di me stessa per conquistare l’uguaglianza. Consideravo il divorzio un fallimento ma non per colpa mia. Per due anni ho frequentato la chiesa cristiana evangelica e a luglio del 2009 mi sono convertita durante una testimonianza musicale nella quale all’udire il versetto 5, 17 della II Epistola ai Corinzi: “Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove”, ho sentito ciò che stavo cercando: un nuovo inizio. Il punto fondamentale della mia conversione è stato: il riconoscere il mio peccato, anche il divorzio, che prima consideravo non colpa mia; la consolazione del fatto che non dovevo più lottare per l’uguaglianza perché il Signore mi ha accettata per come sono; la consapevolezza di essere perdonata e di poter essere guidata dal Signore all’inizio della mia nuova vita».

– Qual è stato il fattore o elemento decisivo dell’Evangelo che l’ha spinta a diventare cristiana?

«L’elemento decisivo dell’Evangelo che mi ha spinta a diventare cristiana è stato lo scoprire il fatto che Gesù è morto per me 2000 anni prima che io lo conoscessi».

– So che Lei, che è evangelica, è sposata con un italiano. Se, come immagino, suo marito è cattolico, siete una coppia ecumenica. Come vivete questa vostra condizione?

«Mi sono convertita senza sapere di essere protestante, non sapevo dell’esistenza delle altre denominazioni cristiane. L’anno dopo la mia conversione ci siamo conosciuti e sposati in Cina, nonostante molte voci di dissenso ero convinta che Gesù sarebbe stato capace di unirci nelle differenze. I primi tre anni nella Comunità cristiana evangelica battista cinese di Milano sono stati un percorso difficile e stancante perché frequentavamo le due chiese, cattolica e protestante, quasi tutte le domeniche. Poi con la mia crescita a livello linguistico abbiamo deciso di cominciare a frequentare la Chiesa battista italiana nella quale anche mio marito si è trovato più a suo agio. Negli anni abbiamo compreso che l’ecumenismo si vive nel reciproco rispetto e riconoscimento della propria fede senza pretendere di convertire l’altro, insomma “uniti nelle differenze”».

– Nelle vostre due persone due mondi, due popoli, due culture, due lingue e due razze diverse (se vogliamo ancora parlare di razza – categoria molto discutibile), si sono incontrate e anche felicemente sposate. Che cosa ci dite al riguardo? Che cosa la vostra esperienza ci può insegnare?

«Un po’ come per l’ecumenismo nella nostra fede, e forse proprio per questo, entrambi siamo rimasti stupiti di come ognuno di noi ha accettato l’altro, in un continuo dialogo senza preclusioni e divertendoci nello scoprire le differenze dell’altro, senza negare anche il prendersi in giro. Certo ci sono stati e ci sono tutt’ora momenti di difficoltà come, a esempio, l’obbligo di partecipare alla Messa di Natale o di Pasqua per me oppure per mio marito accettare alcune tradizioni tipiche della cultura cinese. Un matrimonio interculturale e interdenominazionale a livello religioso che procede felicemente non è solo opera delle due persone, della capacità personale ma è Cristo e la Grazia di Dio che ci insegnano ogni giorno ad amare poiché noi non ne siamo capaci. Gesù è più grande delle culture, delle chiese, delle differenze. La fede che Gesù mi ha donato non solo mi guida nel matrimonio ma anche nella vita».

– So che lei è iscritta al corso di formazione teologica a distanza della Facoltà valdese di Teologia. Perché studia teologia?

«Perché vorrei annunciare l’Evangelo al mio popolo. Uno dei motivi è anche la volontà di approfondire con lo studio della teologia le differenze tra cattolicesimo e protestantesimo che da quando sono arrivata in Italia, e ho scoperto che esistevano varie denominazioni cristiane, mi incuriosisce».

– Quali progetti ha per il suo futuro?

«Finire lo studio di Teologia a distanza e tornare a vivere in Cina, con mio marito».

– Che cosa può dirci della situazione dei cristiani in Cina?

«Non conosco molto il cristianesimo in Cina poiché mi sono avvicinata al cristianesimo solo nel 2009 ed ero completamente ignorante, poi nel 2010 mi sono sposata e sono venuta a vivere in Europa».

– Il numero dei cristiani cresce oppure no? Può essere pericoloso, in Cina, diventare cristiani? È possibile evangelizzare liberamente?

«Il numero dei cristiani cresce in modo elevato, ma è difficile raccogliere dei numeri poiché esistono anche molte chiese domestiche. Se un cristiano frequenta una chiesa con il permesso del governo non ha rischi, come nel mio caso. Se invece si frequentano le chiese domestiche allora è possibile anche avere problemi. L’evangelizzazione collettiva è possibile solo con il permesso del governo, mentre quella individuale è possibile».

– Che cosa, secondo Lei, possono fare i cristiani d’Europa per i cristiani della Cina?

«La Cina è una “messe” molto grande, che ha bisogno di tanti “lavoratori”. Credo sia molto importante che i cristiani dell’Europa preghino per la libertà religiosa in Cina».