istock-1225960106

L’elezione, frutto della grazia di Dio

Io sono stato ricercato da quelli che prima non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli che prima non mi cercavano
Isaia 65, 1

Riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge
Romani 3, 28

Isaia si conclude così come era cominciato. Siamo quasi di fronte ad alcuni elementi portanti dell’intera lettura del Libro: Gerusalemme, la giustizia, il conflitto tra l’idolatria e l’infedeltà.

Ci colpiscono, infatti, i primi 16 versetti del capitolo 65 perché contengono un duro giudizio contro l’idolatria o, piuttosto, contro gli israeliti idolatri.

Certo, in seguito all’esilio, il popolo avrebbe dovuto rinsavire e ritornare all’obbedienza della Torah e, invece ci troviamo di fronte a due categorie di persone: da una parte coloro che accolgono il messaggio consolatorio del profeta, “chi si augurerà di essere benedetto nel paese, lo farà per il Dio di verità” (v. 16); dall’altra, coloro che il profeta tiene a distanza con una serie di “voi” (vv. 13-14) che preannunciano sciagure.

Il Signore si rivolge agli uni e agli altri (vv. 1-2). A costoro si è rivolto mentre non lo cercavano, a conferma che l’elezione è unicamente frutto della grazia preveniente, che richiede un “sì”, ma che comunque rimane iniziativa gratuita di Dio.

L’apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani «… riguardo a Israele afferma:Tutto il giorno ho teso le mani verso un popolo disubbidiente e contestatore” (10, 21). E poi, sempre in Romani: “Che diremo dunque? Diremo che degli stranieri, i quali non ricercavano la giustizia, hanno conseguito la giustizia, però la giustizia che deriva dalla fede; mentre Israele, che ricercava una legge di giustizia, non ha raggiunto questa legge. Perché? Perché l’ha ricercata non per fede ma per opere. Essi hanno urtato nella pietra d’inciampo». 

La pietra d’inciampo è Cristo. Questo ammonimento dell’apostolo vale anche per noi cristiani e cristiane di oggi, “chi crede in lui non sarà deluso” (Rom. 9, 30-33).