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DPCM: l’Unione nazionale comunità ed enti montani chiede «Libertà di movimento nelle valli»

Il Piemonte è rientrato in lockdown (o quasi): dopo giorni di polemiche talvolta pretestuose tra regioni e governo e in un clima di disagio e tensione ben diversi dallo stordimento che fece da sfondo alla prima chiusura di marzo, venerdì 6 novembre sono entrate in vigore le norme dettate dal decreto presidenziale.

Dalla didattica a distanza per gli studenti delle superiori e della seconda e terza media, ai bar e ristoranti chiusi al pubblico, così come numerose altre attività commerciali. E poi la mobilità: non sarà permesso il transito da o verso altre regioni e anche lo spostamento da un comune all’altro dovrà essere motivato da comprovate esigenze primarie, quali studio, lavoro o salute. Ed è proprio su questo punto che Uncem, l’Unione nazionale comunità ed enti montani, ha mosso la sua critica nei confronti del contenuto del DPCM, che non tiene conto delle importanti differenze tra realtà territoriali diverse «Non è possibile equiparare il divieto di spostarsi dal perimetro della città di Torino (ma anche soltanto di Pinerolo) a quello di spostarsi da Pomaretto o da Bobbio Pellice – sottolinea Marco Bussone presidente Uncem – Già a marzo avevamo rilevato questo problema ed è necessario che l’area di confinamento prenda in considerazione un’area omogenea più ampia, in modo da garantire i servizi essenziali ai suoi abitanti, servizi che spesso sono distribuiti più a livello di valle che di singolo comune».

Una prospettiva, quella auspicata da Uncem, che potrebbe trovare risposte in fase attuativa del decreto «Crediamo che ci sia il margine per un’analisi di questo aspetto in fase attuativa del decreto, ovvero nell’emanazione delle circolari del ministero che andranno a disciplinare questa delicata fase di emergenza e ho ricevuto garanzie dal ministro Boccia sul fatto che sarà esaminata la specificità dei territori montani»

In ogni caso, le nostre valli si troveranno nuovamente di fronte alle proprie carenze infrastrutturali che rendono ancora più duro l’isolamento. E qui torna l’annoso problema della connettività delle terre alte «Telemedicina e didattica a distanza – conclude Bussone – sono gli aspetti che rendono più evidente la drammaticità del ritardo dei territori montani rispetto alla realtà urbana: ritardo che taglia fuori gli abitanti di quei luoghi da alcuni dei diritti fondamentali del cittadino, una situazione non degna di un paese civile» .