201320043_a4c7e5b221_b

Le grandi manifestazioni bloccano la riforma dell’aborto in Polonia?

Il governo polacco sta ritardando l’attuazione di una sentenza della Corte costituzionale che avrebbe reso illegali  pressoché tutte le interruzioni volontarie della gravidanza. Questa è una vittoria per le donne polacche che hanno manifestato e indetto scioperi contro tale decisione dei massimi giudici del Paese. Dal 22 ottobre, quando le possibilità di ricorrere all’aborto si sono ridotte, secondo il dispositivo della sentenza , si sono svolte manifestazioni in tutto il paese, descritte dal Guardian come le più massicce dalla caduta del comunismo. Più di 100mila persone si sono radunate a Varsavia venerdì scorso 30 ottobre, sfidando il divieto di raduni a causa delle restrizioni legate alla pandemia di coronavirus. La legge polacca sull’aborto è già la più severa in Europa e la sentenza in questione ha dichiarato l’aborto illegale anche nel caso di un feto che presenta malformazioni gravi e irreversibili. La norma, sancita ora da una sentenza della Corte Costituzionale doveva finire nella Gazzetta Ufficiale entro il 2 novembre, ma il governo di destra guidato dal partito Diritto e Giustizia (Pis) appare in difficoltà di fronte alla grande mobilitazione popolare

La decisione della Corte aveva suscitato una reazione indignata fra gli altri anche da parte della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatovic: «Eliminare i motivi per quasi tutti gli aborti legali in Polonia equivale praticamente a vietarli e violare i diritti umani. Nel concreto,questa decisione si traduce in aborti clandestini in patria o legali all’estero per chi ha i mezzi e più sofferenza per gli altri».

Da parte sua, Michał Dworczyk, capo della Cancelleria del Primo Ministro, ha dichiarato a seguito di questa sospensione: «C’è un dibattito in corso e sarebbe bene prendersi il tempo per dialogare e trovare una nuova posizione in questa situazione, che è difficile e suscita molte emozioni».

Anche la Chiesa riformata polacca ha fatto sentire la propria voce in questi giorni per dire che «Ogni donna in una gravidanza difficile deve affrontare un dilemma morale. Come cristiani, dovremmo sostenerla allora, ma non possiamo imporle alcuna decisione in accordo con la nostra religione o visione del mondo, tanto meno prendere decisioni per suo conto».

La sentenza modifica la legge sull’interruzione di gravidanza del 1993 che è già una delle più restrittive d’Europa. Consente l’aborto solo in tre casi: pericolo di vita per la donna, stupro e grave malformazione del feto. La recente sentenza ha eliminato quest’ultima possibilità, giudicandola incostituzionale e introducendo, di fatto, un divieto quasi totale di interruzione di gravidanza. Circa il 98 per cento delle procedure abortive del paese venivano infatti praticate per quest’ultimo motivo: come riporta il sito de “Il Post” «Su 1100 aborti legali nel corso del 2019, 1074 erano a causa delle malformazioni del feto. Secondo le organizzazioni femministe tra le 100mila e le 200mila donne polacche ogni anno sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poterne avere accesso».

Il governo aveva già tentato più volte, negli ultimi 5 anni di introdurre restrizioni pesanti al diritto all’aborto, sempre con il sostegno di diversi gruppi religiosi cattolici e aveva dovuto rinunciare grazie alle proteste dei movimenti femministi. Sconfitto nelle piazze e impedito nelle vie parlamentari il governo ha dunque delegato la Corte Costituzionale per dirimere la questione, ma ancora una volta il grande no giunto dalle manifestazioni potrebbe scongiurare l’ennesimo attacco ai diritti delle donne, e di una democrazia matura.