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Ritornare a casa

Con quanti linguaggi vorremmo cantare il dono della Riforma per le nostre chiese? La strada verso Dio, che sembrava smarrita dal nostro errare incerto, si è dischiusa davanti a noi e il cammino è ripreso. La Riforma può essere raccontata come un ritorno inatteso, un viaggio verso casa, verso la terra dove Dio ci incontra: la Bibbia.

Quando il SIGNORE fece tornare i reduci di Sion, ci sembrava di sognare.
Allora spuntarono sorrisi sulle nostre labbra
e canti di gioia sulle nostre lingue

Una comunità esce dall’esilio spirituale e ritrova la forza di cantare. La riscoperta delle Scritture, operata dalla Riforma, è stata questo per la Chiesa: un ritorno dalla cattività in cui era esiliata. La terra promessa, quella piccola patria portatile che è la Parola di Dio contenuta nella Bibbia, è stata di nuovo abitata, fino a far sì che l’idioma antico tornasse a risuonare come lingua materna. La Bibbia, tradotta e studiata, è stata posta al centro della celebrazione liturgica e della vita dei credenti; e, con essa, la logica della grazia e la centralità del Cristo. 

Senza la Bibbia, il popolo dei credenti aveva smarrito le mappe di senso della fede, l’orientamento verso Dio. Senza la Bibbia, cadevano nell’oblio le grandi narrazioni fondative e identitarie: la creazione, l’epopea di liberazione dell’esodo e la memoria del Dio con noi in Gesù il Cristo. 

Allora si diceva tra le nazioni:
«Il SIGNORE ha fatto cose grandi per loro».
Il SIGNORE ha fatto cose grandi per noi,
e noi siamo nella gioia.

Bisogna fare festa perché quel figlio, che era come morto, è tornato in vita. La chiesa era perduta e il Signore, servendosi anche della Riforma, l’ha ritrovata. Un ritorno a casa che ha permesso a Dio di fare grandi cose in mezzo a noi. 

SIGNORE, fa’ tornare i nostri deportati.

Ma la Riforma non è stata un evento puntuale, avvenuto una volta per tutte. La terra delle Scritture, gioiosamente ritrovata, è stata nuovamente smarrita, e più di una volta. Anche noi, chiese della Parola, conosciamo l’“analfabetismo di ritorno”. Quelle Scritture che ci facevano sentire a casa, per molti, ora, sono terra esotica; per altri, foreste inospitali; per alcuni, persino, deserto di senso. 

Il ritorno dall’esilio è avvenuto eppure deve ancora avvenire. È esperienza passata e, allo stesso tempo, orizzonte di un cammino ancora da compiere. Il Salmo esprime bene questa paradossale tensione, muovendosi su piani storici differenti: il passato (fece ritornare), il presente (fai tornare) e il futuro (torneranno). Proprio come la Riforma, che ci precede e ci sta davanti.

Il ritorno da una terra svuotata dalla Parola richiede disciplina e formazione. 

Quelli che seminano con lacrime,
mieteranno con canti di gioia.

La Riforma è come un seme che desidera produrre frutto. Un seme seminato nel terreno ecclesiale con fatica e disciplina, anche tra le lacrime di chi sospetta di perdere il poco che ha, di sprecare tempo e risorse nel gesto di mettere a frutto quel seme. Certo, è il Signore che semina e che fa crescere le piante; ma la nostra vocazione sta nel custodire e coltivare la terra a noi affidata. 

Se ne va piangendo 
colui che porta il seme da spargere,
ma tornerà con canti di gioia quando porterà i suoi covoni

Ci attende ancora molto lavoro: quello necessario affinché la Bibbia ritorni a risuonare con forza nelle nostre chiese e si radichi nelle nostre vite. Un’elaborazione della riscoperta della centralità delle Scritture esigente e intelligente, che pratica la lettura e si interroga su come capire bene quello che leggiamo. Ritornare ad abitare le scritture ci restituisce movimento, direzione, dibattito. Ci mette in dialogo con il passato per illuminare il cammino presente. Nel giardino della Parola troviamo forza e ristoro, nutrimento e riposo per riprendere il cammino. Con gratitudine e disciplina celebriamo la festa della Riforma: essa è memoria di un futuro che nasce dall’ascolto della Parola.