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La tecnologia ci aiuta, ma il contatto diretto è un’altra cosa

– Nel corso della sessione del Sinodo luterano conclusasi domenica 11 ottobre sono stati eletti il nuovo presidente del Sinodo Celi, Wolfgang Prader, membro della Comunità di Bolzano, in precedenza vicepresidente; e la nuova vicepresidente, Ingrid Pfrommer, della Comunità di Torino, già tesoriera della Celi. Ci rivolgiamo dunque al neopresidente, chiedendogli, anche per la sua attività professionale nel settore informatico, che parte avrà la telematica nella Chiesa di oggi e in quella del futuro?

«Il periodo di lockdown ha messo in moto e accelerato la comunicazione digitale, un processo che la chiesa aveva già iniziato prima. Sono stati realizzati vari formati digitali per raggiungere i fedeli, per permettere di vivere la comunità nel periodo di separazione sociale e per mantenere i contatti con persone isolate o, in particolar modo, con soggetti vulnerabili. Questo passo è stato molto importante per la chiesa e lo sarà ancora di più in futuro. La digitalizzazione però ha anche dei limiti, non può e non potrà mai sostituire il contatto diretto e interpersonale».

– Certamente: e tuttavia, che giudizio possiamo dare di un Sinodo che ha dovuto avere, per cause esterne, un programma ridotto?

«Secondo me, già il fatto di aver potuto realizzare un Sinodo in presenza (rispettando rigorosamente le misure anti-covid) è stato un segnale molto importante: il Sinodo e la Chiesa vivono di comunità. Anche se tempi di discussione e programma ne hanno risentito, siamo riusciti non solo a rispettare l’ordine del giorno, ma c’è stato comunque anche spazio a sufficienza per il dibattito e per la discussione. Insomma, abbiamo potuto deliberare delle mozioni importanti per il futuro della nostra Chiesa. E, sempre nel rispetto delle norme di distanziamento, c’è stata anche l’occasione per incontri personali».

– La Celi, oltre a fare parte della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), contribuisce ad alcune istituzioni come i due Ospedali evangelici di Genova e Napoli: in che modo vi sentite parte del piccolo mondo protestante italiano?

«Noi siamo una piccola comunità, e ci sentiamo con tutte le nostre particolarità uno dei pezzi integranti di questo puzzlecolorato che forma il mondo evangelico in Italia e che si chiama Fcei. Cogliamo gli stimoli che vengono dall’incontro di diverse esperienze di fede. Partecipiamo direttamente a molte iniziative, non solo finanziariamente, come per esempio il progetto “Dublinati” o il progetto a Rosarno, inoltre abbiamo una commissione sinodale dedicata proprio alla Fcei. La nostra ex-presidente del Sinodo, Christiane Groeben, è vicepresidente Fcei, mentre Cordelia Vitiello, rappresentante legale della Celi, è presidente dell’Ospedale evangelico Betania di Napoli. Durante il lockdown abbiamo lanciato una raccolta fondi per i due Ospedali evangelici a Napoli e a Genova e per l’Ospedale “Giovanni XXIII” di Bergamo, raccogliendo più di 135.000 euro più ulteriori 20.000 euro a favore della raccolta della Fcei».

– Lei proviene dalla Comunità di Bolzano, il precedente presidente del Sinodo, Georg Schedereit, proveniva da quella di Merano: come vivono dei protestanti in Italia, in una Regione molto particolare? È già un’area bilingue, come vivete la vostra identità?

«Per quanto riguarda l’identità religiosa viviamo forse ancora di più la situazione della diaspora. L’Alto Adige, il vecchio Tirolo, ha un’anima molto cattolica. Oltre a noi esistono pochi gruppi evangelici in Alto Adige, molto piccoli. Non sono molto presenti nella percezione pubblica. Non è come nelle altre città italiane dove insieme ai luterani ci sono valdesi, battisti, metodisti ecc. Noi luterani siamo l’unica confessione evangelica strutturata in Alto Adige, nel senso che abbiamo le nostre chiese, i nostri cimiteri. Suscitiamo ancora curiosità per i nostri pastori che possono sposarsi, per le pastore. Siamo molto integrati nelle varie attività ecumeniche. Anche queste due comunità si sentono parte del mondo della Celi, parte delle Chiese evangeliche in Italia, con la piccola differenza che qui il bilinguismo è una realtà quotidiana e il tedesco è parlato anche al di fuori delle comunità».

Foto: Elki/Celi