geopolitica

7 ottobre: «Ancora senza un lavoro dignitoso»

Testo a cura della Commissione Globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in italiane

«In occasione della giornata mondiale per il lavoro dignitoso, i temi proposti ruotano intorno all’impatto della crisi sanitaria sulle vite umane.

La Federazione internazionale dei servizi propone “Diritti essenziali per lavoratori essenziali”, “Essential Rights for Essential Workers”: molti dei lavoratori essenziali (sanità, welfare, pulizie, approvvigionamento alimentare) che hanno tenuto in funzione le nostre comunità durante la pandemia sono stati trascurati e sottopagati per troppo tempo”.

La Confederazione sindacale internazionale invoca un Nuovo contratto sociale per la ripresa e la resilienza. ‘Il mondo sta affrontando una grave depressione in un momento in cui in troppi Paesi il contratto sociale è stato rotto, lasciando i lavoratori senza diritti, protezione sociale o lavoro dignitoso. E troppi governi non hanno agito o hanno attaccato direttamente i diritti dei lavoratori, i salari e le condizioni, mentre le istituzioni globali stabilite per sostenere e rafforzare i diritti, l’uguaglianza, la crescita inclusiva e la stabilità globale sono al massimo delle fratture.’

L’art. 23 della “Dichiarazione universale dei diritti umani” pone l’accento, sull’importanza del lavoro dignitoso; il primo governo Conte ha dedicato un “Decreto Dignità” ai lavoratori, con la legge 96/2018 che parallelamente al reddito di cittadinanza, avrebbe garantito a suo avviso la dignità ed il sostegno alle persone sia nello stato di occupate che in quello opposto di disoccupate.

L’ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), di cui nel 2019 la Glam ha celebrato il centenario, a fine marzo, quando il covid 19 veniva dichiarato una pandemia e veniva istituito il confinamento, diffondeva un documento “Lavoro dignitoso, risposta dell’ILO alla globalizzazione della vita lavorativa: concetti di base e attuazione globale con particolare riferimento alla salute sul lavoro”, in cui ricordava che la sostenibilità socio economica e ambientale dell’approccio al lavoro dignitoso è stata assicurata attraverso l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il Rapporto della Commissione globale dell’ILO sul futuro del lavoro e la Dichiarazione del centenario dell’ILO, e dichiarava che in due terzi degli Stati membri dell’ILO, l’agenda per il lavoro dignitoso è stata introdotta con successo e ad allora completamente o parzialmente implementata ma pure in essi era carente l’osservanza della Convenzione 161 relativa alla tutela della salute sul lavoro con azioni innanzitutto preventive.

Lo ricordiamo in questa giornata per la pregnanza di questo aspetto nella vita di una parte importante della popolazione del pianeta che riguarda non solo la pandemia ma le condizioni generali che la carenza di controlli, il sommerso e il precariato consentono di tracciare solo parzialmente.

Ormai assuefatti da decenni ad accettare qualsiasi lavoro in condizioni sempre più umilianti, riteniamo importante in questa giornata osare ripensare che il lavoro debba essere libero, equo, sicuro e rispettoso della dignità umana.

La proiezione a fine anno, secondo i dati Istat, vede un buco nero del lavoro, con una riduzione del 9.3% delle unità lavorative ossia 2,2milioni di posti di lavoro in meno. Buco nero perché non è nota l’entità della perdita nel lavoro sommerso né di quanti sopravvivono con le pensioni degli/delle anziani, mentre lo sono i nuovi impoveriti, assoluti e relativi, a causa del blocco di alcuni settori produttivi e il rallentamento degli altri, a cui si aggiungeranno a fine anno coloro che sono sulla linea di galleggiamento con gli ammortizzatori sociali e coloro che verranno licenziati quando decadrà il blocco dei licenziamenti.

Anche rispetto alla condizione del lavoro, la emergenza sanitaria ha avuto dunque la funzione di esasperare problemi esistenti e quindi di renderli ancor più evidenti. Ci si riferisce alla imposizione del lavoro da casa dove tra l’altro il tempo di lavoro inghiotte il tempo di vita e alla guerra tra lavoratori attuata attraverso il proteiforme precariato: una lotta priva di dignità, operai contro lavoratori e lavoratrici dei campi, impiegati contro colletti bianchi, agenti contro collaboratori, professionisti contro commercianti. Una lotta orizzontale in cui vince chi più si adatta alla legge del mercato del lavoro, un caso negativo di resilienza, che mette in evidenza un lavoro senza dignità, fondato su accordi personali, contratti evanescenti, orari flessibili, paghe insoddisfacenti e un clima indegno tra le parti, un clima che può sfociare in odio».

Geremia 22, 13. “Guai a colui ch’edifica la sua casa senza giustizia, e le sue camere senza equità; che fa lavorare il prossimo per nulla, e non gli paga il suo salario”.