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Decreto sicurezza, Paolo Naso: «Passi avanti»

Nella notte fra lunedì 5 e martedì 6 ottobre il Consiglio dei Ministri ha modificato i decreti sicurezza (noti anche come decreti Salvini), le due leggi restrittive in tema di immigrazione, integrazione e ordine pubblico, che da mesi i partiti dell’attuale Governo avevano promesso di cambiare. A riguardo l’agenzia stampa Nev ha raccolto una prima analisi ad opera di Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, che proponiamo qui di seguito.

«Un tratto decisamente positivo del nuovo decreto è il fatto che rispetto ai precedenti a firma dell’allora vicepresidente del Consiglio e ministro Matteo Salvini, è orientato a favorire percorsi di regolarizzazione e contrasta, al contrario, la marginalità sociale e l’invisibilità legale dei migranti e dei richiedenti asilo. 

Doveroso, a riguardo, l’allargamento delle forme di protezione e il richiamo alla varietà dei permessi ingresso in Italia, così come la convertibilità dei permessi di soggiorno. 

Opportuno anche il ripristino di un sistema di accoglienza e integrazione strutturato in due fasi, prima e seconda accoglienza, e intenzionalmente mirato alla inclusione sociale. Tra gli effetti dei vecchi decreti infatti vi era la sostanziale cancellazione dei programmi di integrazione dei migranti. Un errore gravissimo perché è evidente che il soggiorno in Italia dei migranti e richiedenti asilo deve favorire l’integrazione, l’apprendimento della lingua e la conoscenza delle leggi fondamentali del nostro ordinamento. 

Passi avanti anche relativamente al soccorso in mare perché viene ribadito il divieto dei respingimenti ma resta imprecisato e forse ambiguo il meccanismo di contatto con i paesi tenuti a garantire l’accoglienza. Non si precisa infatti quale debba essere il comportamento delle ONG di fronte al silenzio dei centri di coordinamento navale dei  paesi tenuti ad accogliere i profughi, almeno al momento dello sbarco. Troppo spesso abbiamo registrato il silenzio o il rimpallo di responsabilità mentre a bordo si vivevano vere emergenze umanitarie. Chiediamo pertanto che questi aspetti vengano chiariti e precisati nel corso del dibattito parlamentare. 

Ma come evangelici siamo consapevoli che, da solo, il cambiamento delle norme serve a poco se non cambiano la cultura e il sentire delle coscienze. Per troppo tempo l’immigrazione é stata vissuta e interpretata come una minaccia mentre è solo la sfida di fronte al collasso di un’enorme area geopolitica che ha bisogno di pace, investimenti di cooperazione e democrazia».