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Corte Suprema, il colpo di coda di Trump

Sabato 26 settembre, il Presidente Donald Trump ha solennemente nominato Amy Coney Barret giudice della Corte Suprema, in sostituzione dell’icona liberal Ruth Bader Ginsburg, scomparsa la settimana precedente. Un altro giudice donna, come la Ginsburg, ma le similitudini finiscono qui. 

Amy Coney Barrett, che a 48 anni si appresta a diventare il giudice più giovane nominato alla Corte Suprema, viene vista come l’erede designata di un famoso ideologo ultraconservatore, Antonin Scalia, giudice della Corte ai tempi della presidenza Reagan,  che si era distinto per una viscerale opposizione alla legge che aveva consentito l’aborto.

La Barret, madre di sette figli, cinque biologici e due adottati, conosciuta per le sue convinzioni religiose tradizionaliste, è cattolica ed anti abortista, ma le sue idee e la sua nomina risultano ampiamente condivise anche dalla gran parte dei protestanti evangelicals che formano l’ossatura più intransigente della destra religiosa. La neo giudice non disdegna di affermare pubblicamente la sua religiosità molto marcata, che si manifesta anche con la sua adesione a People of Praise, un movimento cristiano carismatico inter-denominazionale. Per farsi un’idea di questa comunità: https://peopleofpraise.org

Subito dopo la sua designazione, un membro della Commissione giustizia del Senato, la democratica Dianne Feinstein, ha sollevato la questione dell’influenza che la sua fede potrebbe avere sulla funzione che è chiamata a svolgere e anche la comunità LGBTQ vede negativamente l’insediamento di un giudice che ha affermato a più riprese che il matrimonio è fondato sull’unione indissolubile di un uomo e di una donna.

Se non c’è dubbio che la designazione di Amy Coney Barret , “ACB” come viene vezzeggiativamente soprannominata da alcuni media, sia un segnale lanciato dalla macchina elettorale repubblicana per galvanizzare l’elettorato cristiano conservatore, sul quale Trump si è largamente appoggiato per la sua elezione di quattro anni fa, è altrettanto vero che se la sua nomina venisse confermata dal Senato, a maggioranza repubblicana, dove le audizioni debutteranno il 12 ottobre, si determinerebbe un vantaggio di sei membri contro tre a favore dell’ala conservatrice nella più alta istituzione giudiziaria e costituzionale del Paese. Se la nomina andasse a buon fine, l’attuale Presidente avrebbe designato in un solo mandato ben tre giudici supremi su un collegio di nove membri, fatto del tutto inusuale.

Dopo l’annuncio della nomina della Barret, il candidato democratico alla Casa Bianca, Joe Biden, ha fatto appello al Senato, affermando in un comunicato: «Il Senato non dovrebbe pronunciarsi(…) fino a che gli Americani non avranno scelto il loro prossimo Presidente e il loro prossimo Congresso». 

E’ un clima politico non rassicurante in vista di un’auspicabile transizione morbida nel caso di eventuale sconfitta elettorale di Trump, con la prospettiva che tutto non termini alla chiusura delle urne il prossimo 3 novembre ma che, tra contestazioni sul voto per corrispondenza, riconteggi delle schede, accuse reciproche smodate come quelle andate in onda nel faccia a faccia televisivo di pochi giorni fa, si avveri la previsione, per non dire la velata minaccia, dello stesso Presidente uscente: “Credo si finirà alla Corte Suprema”.

Tutto questo rischia però di passare in secondo piano dopo la recente notizia della positività di Donald Trump al Covid 19, evento che probabilmente rischia di sparigliare di nuovo le carte a poco più di un mese dalle elezioni presidenziali.

 

Nella foto il palazzo della Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington