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Ascoltare le parole che Dio ci rivolge

Figlio d’uomo, ricevi nel tuo cuore tutte le parole che io ti dirò, e ascoltale con le tue orecchie
Ezechiele 3, 10 

Perciò bisogna che ci applichiamo ancora di più alle cose udite, per timore di essere trascinati lontano da esse
Ebrei 2, 1

Il profeta Ezechiele era stato chiamato dal Signore ad annunciare la sua parola agli ebrei deportati a Babilonia; egli aveva mangiato il rotolo che l’Eterno gli aveva dato, assimilando così il suo messaggio; ma sebbene quel “cibo” fosse dolce, la testardaggine e l’opposizione del suo stesso popolo lo avrebbero fatto diventare una fonte di amarezza.

Sarebbe facile condannare l’insensibilità e il disinteresse dei giudei verso il profeta e il suo annuncio, ma sarebbe sbagliato; perché se è lecito domandarsi come si possa parlare di Dio dopo Auschwitz, in quei giorni fu legittimo chiedersi come si potesse parlare dell’Altissimo dopo la catastrofe della conquista babilonese! Ezechiele doveva essere pronto, perché i suoi fratelli e le sue sorelle non avrebbero accolto lui, e il Dio nel nome del quale parlava, a braccia aperte: tutt’altro.

Nel loro piccolo, questa è un’esperienza che quasi tutti i credenti hanno fatto: come parlare del Signore, per esempio, a genitori cui muore l’unico figlio? Non è possibile condannare la loro durezza, il loro disinteresse verso la religione e, a volte, perfino il loro astio verso Dio: proprio no!

Qui ci viene in soccorso il versetto di oggi; come l’antico profeta, dobbiamo certamente proclamare quanto abbiamo udito; ma, soprattutto, dobbiamo ascoltarlo noi per primi; è una parola che brilla improvvisa come un fulmine nella notte e la cui luce abbagliante rivela una realtà prima invisibile; occorre tempo per comprendere quello che abbiamo visto, ciò che significa e come comunicarlo; ma quella luce continuerà a rischiarare la nostra vita, specie nei momenti difficili; non è facile annunciarlo, ma è una benedizione saperlo.