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Blocco della Sea Watch 4, le accuse della Chiesa tedesca e delle Ong

La Chiesa protestante tedesca critica il fermo della nave di soccorso tedesca Sea-Watch 4 a Palermo . «Il provvedimento serve ovviamente a limitare in modo consistente le operazioni di soccorso nel Mediterraneo», ha detto domenica il responsabile per le migrazioni e l’integrazione della Chiesa evangelica in Germania (Ekd), Manfred Rekowksi, all’agenzia stampa Evangelical Press Service (Epd). «Si tratta di un’azione che contraddice i valori per i quali l’Unione Europea è stata anche insignita del Premio Nobel per la pace.

«L’abuso del diritto marittimo fornisce una cortina fumogena per una decisione politica volta a impedire alle navi di soccorso di salvare vite umane nel Mediterraneo», dichiara Medici Senza Frontiere, poiché la Sea-Watch 4 diventa la quinta nave Ong ad essere immobilizzata dalle autorità portuali italiane in meno di cinque mesi.

Dopo una lunghissima ispezione da parte delle autorità portuali italiane la Sea-Watch 4 è stata fermata a Palermo. «Per undici ore, la Guardia Costiera ha cercato un ago in un pagliaio – e ancora una volta gli ispettori hanno trovato ragioni assurde per arrestarci», ha detto domenica notte su Twitter l’organizzazione Sea-Watch. L’ex nave di ricerca Sea-Watch 4 è stata finanziata dall’alleanza “United4Rescue“, avviata dall’Ekd. Sea-Watch 4 è partita per la sua prima missione nel Mediterraneo ad agosto e ha salvato più di 350 persone. Ai migranti è stato permesso di lasciare la nave all’inizio di settembre – dopo aver atteso per giorni un approdo sicuro – l’equipaggio è rimasto a bordo in una quarantena di due settimane al largo di Palermo.

«​Una volta che una nave di soccorso entra in un porto italiano è sistematicamente sottoposta a una lunga ispezione fino a trovare irregolarità insignificanti. Siamo accusati di salvare le persone, anche per avere troppi salvagenti a bordo, viene criticato il nostro sistema si salvataggio, mentre non si fa mensione all’obbligo di soccorrere imbarcazioni in pericolo. Le autorità italiane giocano in maniera sporca, cercando sempre di incriminare le organizzazioni umanitarie che non fanno altro di salvare vite in mare come prevede il diritto marittimo internazionale», ha commentato Ellen Van Der Valden, coordinatrice delle operazione di Ricerca e Soccorso di Msf.

«La violenta realtà da cui le persone sono fuggite e i pericoli del viaggio che sono state costrette a intraprendere per cercare sicurezza, sono stati evidenziati dalle ferite che abbiamo curato», ha detto Barbara Deck, coordinatrice del progetto medico di MSF a bordo. «Eppure, dal ragazzo ora sordo a causa di un pugno alla testa da parte di uomini armati, al padre che porta le cicatrici di plastica fusa marchiate sulla sua pelle mentre in Libia, la resilienza a cui abbiamo assistito è commovente. Mentre trattiamo i nostri pazienti a bordo, è devastante sapere che i governi europei stanno facendo tutto il possibile per impedire che queste persone vulnerabili ricevano queste cure salvavita».

Le motivazioni del fermo appaiono paradossali: la nave ha a bordo troppi giubbotti di salvataggio e il sistema di trattamento delle acque nere non è compatibile con il numero di persone che possono essere salvate.

«Il fatto che il salvataggio in mare sia obbligatorio viene ignorato», hanno protestato gli operatori. La nave soddisfa tutti i requisiti di sicurezza dello Stato di bandiera tedesco, come confermato dalle autorità tedesche solo a luglio. La Sea-Watch 4 è ora la quinta nave di soccorso civile a cui l’Italia ha impedito di tornare in servizio da cinque mesi a questa parte. «Queste ispezioni sono politicamente motivate e hanno l’unico scopo di prevenire le operazioni di soccorso». 

Intanto la nave Alan Kurdi dell’organizzazione umanitaria Sea-Eye  ha accolto 133 persone in tre operazioni di soccorso. Nessuna autorità ha inizialmente risposto alle richieste del capitano, ha detto domenica un portavoce della Ong. Il presidente della Sea-Eye Gorden Isler ha dichiarato: «Nessuno si sente più responsabile dei rifugiati nel Mediterraneo. Vengono consegnati ai libici o al mare». Fu il primo utilizzo della Alan Kurdi dopo una pausa di quattro mesi, dopo che anche questa nave era stata arrestata dalle autorità italiane per presunti difetti tecnici.

Non solo gli stati europei non riescono a fornire capacità di ricerca e soccorso, ma hanno cooptato la guardia costiera libica per sorvegliare il Mediterraneo centrale. Dall’inizio del 2020, quasi 8.000 rifugiati e migranti sono stati intercettati in mare e costretti a tornare in Libia – un aumento del 32% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso – mentre il numero di persone detenute nei centri di detenzione ufficiali nel paese africano continua crescere.