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Rosh Hashanah – 5781

Il segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), Ioan Sauca, ha inviato i saluti più fraterni e gioiosi agli amici e ai colleghi ebrei di tutto il mondo in occasione di Rosh Hashanah: «Che possa essere un momento di benedizione, di gioia e di pace», ha scritto Sauca. 

Rosh Hashanah è il Capodanno ebraico e con Yom Kippùr – giorno dell’espiazione–, è la ricorrenza più solenne per il popolo ebraico. Si celebrerà dal tramonto di questa sera sino a domenica 20 settembre.

«È una ricorrenza alquanto diversa da tutte le altre – si può leggere sul sito della Comunità ebraica di Torino -, perché ha un minore significato storico e nazionale e riguarda, invece, e in modo particolare, il singolo individuo. Ciascuno di noi, infatti, in questo giorno, medita sulla proprie azioni e chiede a Dio perdono dei suoi peccati promettendo di diventare migliore.

Rosh Hashanah cade il I e il II giorno di Tishrì, primo mese del calendario – prosegue il sito della Comunità ebraica di Torino -, anche se, nella Torà, è considerato il VII (Primo è infatti Nissàn perché gli ebrei, in esso, ritrovarono finalmente la libertà e divennero un vero popolo, dopo la lunga schiavitù in Egitto.) 

Per la tradizione ebraica il giorno di Rosh Hashanah prende altri tre nomi: – Yom Hadìn – giorno del Giudizio-: in questo giorno, infatti, il Signore giudica le azioni di ciascuno di noi; per questo dobbiamo fare un esame del nostro operato e chiedere al Signore di perdonarci se non abbiamo agito bene. – Yom Hazikkaròn – giorno del Ricordo-: si commemora infatti la creazione del mondo e la sovranità del Signore su di esso; si ricorda anche la creazione di Adamo, la nascita di Abramo, Isacco, Giacobbe e Samuele. In questo giorno Giuseppe fu liberato dalla prigione, in Egitto. Yom Teru’à – giorno del suono dello shofàr -: in questa ricorrenza, infatti, si suona lo shofàr- corno di montone –, simbolo dell’eterno richiamo all’uomo perché si rivolga al Signore; esso ci ricorda la Rivelazione della Legge a Mosé, sul Monte Sinai, e l’episodio dell’ ‘akedà (legatura) di Isacco, che ci dimostra la prontezza e la fede di Abramo nell’offrire a Dio perfino il suo diletto figlio – Ma, poiché non sono graditi al Signore i sacrifici umani, Egli mandò un ariete, dalle corna ricurve, che prese il posto del ragazzo. I suoni prodotti dallo shofàr si chiamano: teki’à, shevarìm, teru’à. Essi sono emessi diverse volte, in note ora brevi, ora lunghe. Una tradizione spiega che queste note, differenti tra loro, sono emesse in onore dei tre Patriarchi: Abramo, Isacco, Giacobbe. Se il I giorno di Rosh Hashanà cade di Sabato, non si suona lo shofàr».

Il Segretario del Cec Sauca, nella sua missiva, ha chiesto che nel mondo siano evocate preghiere affinché «Le Nazioni della Terra lavorino efficacemente e insieme per stabilire soluzioni mediche e modelli più saggi di convivenza, per consentire a tutte le persone di poter condividere i doni del mondo di Dio nella giustizia e nel rispetto reciproco». Sauca si è poi soffermato sull’annoso tema del conflitto israelo-palestinese: «pensiero e preoccupazione sempre presente nelle discussioni del Cec» e ha ricordato, «crediamo che sia sempre importante focalizzare l’attenzione sulle grandi sfide di oggi e lavorare insieme (ebrei e cristiani) per la pace la solidarietà e per il bene comune e di tutte le persone del mondo».

Sauca, infine, ha ricardato che il Consiglio ecumenico delle chiese e il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso (Pcid), recentemente, hanno pubblicato un documento congiunto dal titolo «Servire in un mondo ferito. La solidarietà interreligiosa. Una chiamata cristiana alla riflessione e all’azione durante il Covid-19». 

Scopo del documento è incoraggiare le chiese e le organizzazioni cristiane a riflettere «sull’importanza dell’azione interreligiosa comune». 

«La pubblicazione – ha proseguito Sauca – esprime il preciso impegno delle diverse comunità religiose di operare per la guarigione del mondo ferito. Ci auguriamo – ha concluso – che  l’anno prossimo si possa nuovamente farlo e con maggior vigore insieme ai fratelli e alle sorelle delle comunità ebraiche».