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Calais, associazioni sfidano il divieto di distribuire cibo alle persone migranti

E’ trascorsa una settimana dall’11 settembre, giorno in cui la prefettura di Pas-de-Calais, nord della Francia, ha proclamato il divieto per le associazioni non governative di distribuire pasti ai rifugiati presenti in città, in sosta nel tentativo di proseguire il loro viaggio verso la Gran Bretagna. I numeri non sono più quelli di tre anni fa ma in zona sono stanziate ancora almeno 1500 persone, secondo i dati raccolti da un nutrito gruppo di realtà che operano in prima linea nel soccorso e nell’aiuto,  fra queste la Cimande, la storica associazione di origine protestante. Una decisione «intollerabile» presa dalla prefettura locale con il «pretesto» della situazione sanitaria affermano i firmatari di un ricorso d’urgenza presentato mercoledì 16 settembre al tribunale amministrativo di Lille per richiedere la «sospensione immediata» dell’ordinanza.

«C’è un pretesto per la salute ma le distribuzioni de La Vie Active (l’associazione incaricata dallo Stato a somministrare il cibo alle persone migranti) sono le stesse, le persone sono ammassate una sull’altra», ha risposto ad Agence France-Presse (AFP) François Guennoc, vicepresidente dell’Auberge des migrants, una delle associazioni prese di mira dalla decisione della prefettura.

La prefettura ha vietato fino alla fine di settembre «qualsiasi distribuzione gratuita di bevande e cibo (in strade, banchine, piazze del centro città) per porre fine ai disordini e limitare i rischi per la salute legati a raduni non dichiarati».

Questa decisione, entrata in vigore venerdì scorso, è stata presa il giorno dopo un colloquio tra il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, e il sindaco di Calais Natacha Bouchart del partito Les Républicains, di centro destra.

Il testo prefettizio è «offensivo al diritto alla dignità, al principio di fraternità, alla possibilità di aiutare gli altri, e finisce per vietare, in pratica, tutte le distribuzioni e le donazioni nel centro cittadino, comprese quelle dei comuni cittadini», commenta l’avvocato Patrice Spinosi, che rappresenta le organizzazioni umanitarie.

All’interno del governo stesso gli umori sarebbero assai differenti.  Secondo il quotidiano  L’Express, il ministro della Salute, Olivier Véran, era addirittura pronto a opporsi apertamente a questa misura recandosi lui stesso a Calais, prima di rinunciare al viaggio per evitare nuove tensioni nella squadra di governo.

Claude Lenoir, presidente dell’associazione Salam, ha denunciato «una decisione disumana, un errore umanitario e un disagio politico».

Per Amnesty Internationalla decisione «è l’ennesima dimostrazione delle vessazioni a cui sono sottoposti i difensori dei diritti dei migranti nella regione».

Le associazioni Amnesty International Francia, La Cimade, Médecins du Monde, Médecins sans frontières, Secours Catholique – Caritas Francia e Federazione degli attori della solidarietà hanno raccolto in un comunicato stampa le reazioni a tale scelta politica.

«Avevo fame e mi avete dato da mangiare. Vietando l’azione umanitaria dei cittadini, sono la fratellanza e la solidarietà, fondamento e valore essenziali della nostra società, che vengono calpestati. È intollerabile. Il Presidente della Repubblica deve intervenire» urla a gran voce Véronique Fayet, presidente di Secours Catholique-Caritas France.

«Nell’attuale contesto di crisi sanitaria, le persone e le associazioni che vengono in aiuto degli esiliati hanno un ruolo essenziale. La decisione del ministro dell’Interno è l’ennesima dimostrazione delle vessazioni nei confronti dei difensori dei diritti dei migranti nella regione. Lo Stato deve riconoscere e sostenere il loro ruolo piuttosto che ostacolare la loro azione» le fa eco Cécile Coudriou, presidente di Amnesty International France.

«Le persone vengono quotidianamente scacciate, private dei loro effetti personali, disperse con la precisa volontà di renderle invisibili. La politica le costringe a vagare, aggravando la loro precarietà e esponendole a tutti i pericoli. Con questo decreto, crediamo di fornire una risposta umana alla situazione indegna di queste persone? La risposta è no» secondo Henry Masson, presidente di La Cimade.

«È un decreto liberticida che si inserisce in un contesto di vessazioni quotidiane, esclusione e politica di non accoglienza. Il rispetto per la dignità umana, mangiare, bere e fare il bagno è essenziale per la salute. Attaccare i diritti di uomini, donne e bambini esausti che hanno un disperato bisogno di cure è indegno della nostra repubblica»- conclude il dottor Philippe de Botton, presidente di Médecins du Monde France.

In attesa della decisione del tribunale, le associazioni «hanno l’obbligo di trovare soluzione» e infatti le distribuzioni di cibo proseguono al di fuori delle aree indicate nel decreto. «Ci siamo spostati al porto, a pochi metri dal centro della città. Siamo andati in piccoli angoli!, ha detto a InfoMigrants Maya Konforti del Migrants Hostel. «Questi “giochi” sono ridicoli, siamo costretti a nasconderci per sfamare gli esiliati. In ogni caso, continueremo a distribuire cibo finché ci saranno i migranti», conclude.

 

Foto di Michal Bělka, migranti a Calais