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Il rifugio solidale sulle Alpi minacciato di chiusura

Fa parte di quei luoghi destinati a divenire simbolo della storia di questi ultimi anni. Simbolo della situazione di alcune frontiere interne dell’Unione Europea, divenute imbuti sulla rotta migratoria attraverso il continente; simbolo di iniziative cittadine, “dal basso”, volte a migliorare l’accoglienza delle persone rifugiate in marcia. Il rifugio solidale di Briançon (15 mila abitanti circa, la “città più alta di Francia”, a 1326 metri, regione delle Alte Alpi, appena al di là del confine piemontese della val di Susa) ha, da luglio 2017, aperto le sue porte a più di 10.000 persone di passaggio, con un pasto caldo, la possibilità di cambiare vestiti bagnati dalla marcia nelle nevi sui valichi a quasi duemila metri, una sosta, notti di riposo al caldo nei locali di una ex caserma del Crs, la polizia nazionale, a pochi metri dalla stazione ferroviaria.

La cittadina di montagna, fra le patrie del turismo invernale, è diventata un luogo di transito più di tre anni fa, da quando i pattugliamenti alle frontiere marittime di Ventimiglia e Mentone hanno subito un inasprimento.

Le persone hanno quindi iniziato ad avventurarsi più a Nord alla ricerca di controlli meno serrati sui passi alpini, con grave rischio per le rigide condizioni atmosferiche. 

Le elezioni della primavera hanno portato a un cambio sulla poltrona del primo cittadino, e se dal 2014 al 2020 il sindaco socialista Gérard Fromm aveva in sua moglie una delle volontarie più attive e riservate del centro di accoglienza, con l’arrivo del nuovo sindaco, Arnaud Murgia del partito Les Républicains, di centro destra, fondato da Nicolas Sarkozy nel 2015, la musica è cambiata.

In una lettera del 26 agosto, il neo eletto ha invitato l’Associazione “Refuges solidaires” a liberare l’edificio, di proprietà dell’associazione intercomunale che federa i municipi della zona, «entro e non oltre il 28 ottobre». L’occupazione dei locali era stata preventivamente consentita da una convenzione, scaduta a giugno e che il sindaco non vuole rinnovare.

Il sindaco Murgia ha inviato al quotidiano francese Le Monde un testo attraverso il quale critica i referenti del rifugio per non aver rispettato le condizioni di sicurezza, accogliendo troppe persone. Aggiunge: «Incoraggio coloro che credono nella rimozione dei confini o nel cambiare la nostra politica di migrazione a candidarsi alle elezioni, vincerle e cambiare le nostre leggi»

Già nel 2018, quando era solo consigliere di dipartimento e presidente del suo partito nella regione delle Hautes-Alpes, il signor Murgia aveva chiesto la chiusura del centro.

Gli occupanti del rifugio di solidarietà di Briançon sono dunque minacciati di sfratto. Il 14 settembre è arrivata la conferma durante un incontro tra i funzionari dell’associazione solidale e lo stesso Murgia. 

Nella riunione, Refuges Solidaires sperava di trovare un terreno comune con il primo cittadino per una nuova soluzione di alloggiamenti di emergenza. «Tempo perso», si rammarica Philippe Wyon, membro del consiglio di amministrazione dell’associazione.

L’associazione ha due mesi per evacuare i locali, ma ha informato il presidente dell’associazione intercomunale che «non sgombererà finché non avrà altri alloggi a disposizione, perché è troppo alto il rischio di vedere persone costrette a bivaccare in strada, all’approssimarsi dell’inverno, che da queste parti è ovviamente assai rigido».

La cattiva notizia si aggiunge alle difficoltà già incontrate dal rifugio di solidarietà, ovvero una chiusura imposta fino a sabato 19 settembre 2020 a seguito dell’individuazione di due casi di Covid-19 negli scorsi giorni, e un grandissimo afflusso di persone in transito che mettono a dura prova la capienza del luogo in queste settimane. Sono numerose le persone costrette a sistemarsi in strada in questi giorni.

La precedente amministrazione di Briançon aveva firmato un accordo con l’associazione Tous Migrants, capofila delle realtà solidali della zona, per l’occupazione di due prefabbricati, dove riporre le attrezzature di soccorso alpino dei volontari che nelle notti d’inverno battono i sentieri e le piste alpine nel tentativo di intercettare persone in cammino fra neve e ghiaccio e prestare loro soccorso. Anche questi andranno liberati.

Va ricordato che grazie a queste informali e benefiche “pattuglie di confine” francesi allestite dai cittadini con Tous Migrants e Médecins du Monde, centinaia di rifugiati smarriti, esausti e in ipotermia sono stati soccorsi e messi al riparo. Negli ultimi 3 anni, cinque di loro sono morti e tre sono rimasti disabili a vita. Ma senza queste attività, il bilancio delle perdite umane sarebbe stato ancora più terribile.

Alla fine della settimana verrà lanciato sulla stampa nazionale francese un appello per il sostegno al mantenimento di questi due luoghi essenziali per il proseguimento delle azioni di solidarietà verso gli esiliati, al fine di raccogliere le firme di personalità, organizzazioni e tanti cittadini. 

L’associazione Refuges Solidaires ha lanciato un SOS, se si desidera fornire assistenza o donazioni, puoi contattare collectifrefugesolidaire@gmail.com.