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L’infanzia negata

Parlare oggi della condizione dei bambini di tutto il mondo risulta abbastanza complesso, non solo a causa della pandemia di Covid-19, ma perché a questa si aggiungono problematiche preesistenti che rendevano il quadro già prima complicato.

Secondo un recente rapporto Unicef, Oms, Undesa (il dipartimento per gli affari economici del segretariato delle Nazioni Unite) e Banca Mondiale, ancora oggi nel mondo muoiono 5,2 milioni di bambini sotto i 5 anni per cause prevenibili. Lo scorso anno ogni giorno sono morti 14.000 bambini sotto i 5 anni e ogni 13 secondi un neonato ha perso la vita.

L’interruzione dei servizi sanitari a causa della pandemia di Covid-19 rischia di compromettere le vite di un numero maggiore di bambini, vanificando gli sforzi finora fatti. Oggi viviamo una realtà incentrata sull’emergenza da troppi punti di vista ed è necessario intervenire per rendere tutte le società autonome, con economie sostenibili, con una scuola di qualità inclusiva per tutti, con programmi di assistenza sanitaria che consentano a tutti i bambini e alle loro famiglie di crescere, svilupparsi e vivere con dignità.

Pochi giorni fa al campo di Moria, a Lesbo in Grecia, è scoppiato un incendio che ha ulteriormente messo a repentaglio le vite dei bambini e dei giovani ospitati lì. A Moria sono presenti oltre 4.000 bambini, in particolare 407 minorenni non accompagnati, estremamente vulnerabili. Con i nostri partner, abbiamo trasformato il centro dell’Unicef Tapuat per il sostegno ai bambini e alle famiglie, che si trova vicino al campo, in un rifugio d’emergenza che può ospitare temporaneamente le persone più vulnerabili. Attualmente più di 150 bambini non accompagnati sono ospitati a Tapuat.

Ma il dramma vissuto dai bambini a Moria non è altro che la conseguenza di fughe da povertà, violenze e guerra, a cui si è poi aggiunto il virus Sars-Cov-2. Non posso non pensare anche ai bambini dello Yemen, paese devastato da 5 anni di rovinoso conflitto e in cui entro la fine dell’anno il numero di bambini malnutriti potrebbe raggiungere i 2,4 milioni, con un aumento del 20%, mentre altri 6.600 bambini sotto i cinque anni potrebbero morire per cause pre- venibili con un aumento del 28%; ai bambini della Siria, paese che vede una crisi umanitaria durare ormai da oltre 10 anni e nel quale sono nati quasi 6 milioni di bambini che non conoscono altro che guerra e sfollamento. In media, in Siria è stato ucciso un bambino ogni 10 ore a causa della violenza, e più di 2,5 milioni di bambini sono stati sradicati dalle loro terre e costretti a fuggire nei Paesi vicini, in cerca di sicurezza.

Credo, innanzitutto da padre, che a questi bambini debba essere garantita un’opportunità, debba essere spiegato che un’altra vita è possibile! Come Unicef siamo impegnati in tutti questi territori e in tutte queste emergenze per sal- vare il futuro e le vite di quanti più bambini possibile. Sono la nostra motivazione e rappresentano il nostro futuro. A essere a rischio non sono solo i bambini più lontani. Secondo l’ultima Report Card 16 – lo studio annuale realizzato dal Centro di Ricerca Inno- centi dell’Unicef – suicidi, infelicità, obesità e scarse capacità in campo sociale e accademico sono diventate caratteristiche fin troppo comuni fra i bambini nei paesi ad alto reddito.

Nella maggior parte dei paesi ricchi, meno di 4 bambini su 5 si ritengono soddisfatti della loro vita. Il suicidio è una delle cause principali di morte fra i bambini e i ragazzi di 15- 19 anni. Circa 1 bambino su 3 in tutti i paesi esaminati è o obeso o sovrappeso. In più di un quarto dei paesi ricchi la mortalità dei bambini è ancora sopra 1 ogni 1.000. L’Italia risulta 19esima su 38 paesi in tema di benessere dei bambini e 34esima su 41 paesi per le politiche e le condizioni che generano benessere.

In generale molti Paesi, anche fra i più ricchi del mondo – che hanno le risorse necessarie per garantire a tutti i bambini una bella infanzia – stanno fallendo. A meno che i governi non intraprendano azioni rapide e decise per proteggere il benessere dei bambini, possiamo continuare ad aspettarci solo un’impennata dei tassi di povertà fra i bambini, un deterioramento della salute mentale e fisica e un crescente divario nelle nostre società. Bisogna fare di più per garantire ai bambini e alle bambine un’infanzia sicura e felice e dobbiamo farlo ora.

 

Foto: campo profughi Rohingya in Bangladesh, di DFID – UK Department for International Development