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Lavoro di squadra per affrontare l’emergenza a Ventimiglia

La chiusura del Campo Roja a Ventimiglia sta creando una condizione di disagio e spaesamento non solo nei migranti e richiedenti asilo che avevano in quel luogo un punto di riferimento, ma anche nei residenti del Comune stesso al confine con la Francia, che da anni vivono le incertezze di una politica di accoglienza che cambia spesso direzione.

Il centro offriva, dal 2016, informazioni legali, indicazioni di accoglienza e di comunità per minori stranieri non accompagnati. Ora, senza questo punto di riferimento, le persone sono lasciate a loro stesse. «A Ventimiglia siamo di nuovo in emergenza, come nel 2015 – conferma Simone Alterisio, operatore della Diaconia Valdese – Non sono cessati infatti i flussi in arrivo, sia per la rotta del Mediterraneo che per quella balcanica. Nessuno di noi ha capito il perchè della decisione prefettizia di chiudere il campo, soprattutto dopo il lockdown, quando i numeri erano di nuovo aumentati».

Giovedì 3 settembre si è svolto un incontro, ospitato alla Scuola di Pace, con operatori e volontari di CaritasDiaconia valdese, WeWorld e altre associazioni che in questi anni hanno collaborato nella rete di attività, per provare a ripensare a come far ripartire l’accoglienza sul territorio. Spiega Alterisio «Dall’inizio del mese abbiamo deciso di organizzare questa accoglienza con i mezzi che abbiamo, stiamo ospitando alcune famiglie in una sala parrocchiale di Ventimiglia. Durante l’incontro abbiamo lanciato questo appello: abbiamo bisogno di volontari che possano dare una mano logistica, organizzativa, perché con le nostre sole forze è difficile riuscire ad implementare l’organizzazione. Ci premeva, come Diaconia Valdese ma anche come altre associazioni attive sul territorio, dare un minimo di accoglienza alle famiglie con bambini molto piccoli, che abbiamo individuato come soggetti più vulnerabili. Non dimentichiamoci però che ci sono centinaia di persone dormono all’aperto, adulti e minori soli».

«Famiglie con bambini, anche molto piccoli, e donne che viaggiano sole sono i soggetti che abbiamo individuato come più vulnerabili – conferma Gaia Pasini, altra operatrice della Diaconia Valdese – Alcune famiglie sono state ospitate negli spazi della parrocchia di San Nicola. Un asilo semplice per permettere loro di fermarsi, riposarsi un attimo, lavarsi e cambiarsi i vestiti. Da inizio agosto abbiamo ospitato 17 nuclei familiari, tra questi più di 30 minori, quindi bambini che vanno dai pochi giorni di vita ai 17 anni. L’ospite più piccolo che abbiamo avuto era un bambino iracheno di 12 giorni, nato in un campo in Sud Italia. C’è poi un passaggio frequente di donne in stato di gravidanza, anche loro hanno bisogno di uno spazio pulito e sicuro dove poter stare. Queste persone arrivano a Ventimiglia ad ogni ora del giorno e della notte, dev’esserci un monitoraggio costante. Cercheremo di coordinare un lavoro di squadra, abbiamo ricevuto adesioni di volontari da Sanremo, addirittura da Savona. Stiamo anche stilando una lista di generi di prima necessità, prodotti quotidiani e generi alimentari di base. Se qualcuno, anche da lontano, volesse contribuire, per noi sarà importante».

Tra i punti chiave usciti dall’incontro è emersa anche l’urgenza del dialogo con i residenti del territorio. «Una situazione difficile da gestire anche con la cittadinanza, perché dove si creano accampamenti informali si crea anche marginalità con tutte le difficoltà del caso. Ancora una volta l’assenza delle istituzioni chiama le organizzazioni e la società civile a muoversi e a toccare i buchi che si vengono a creare. Continueremo su questa strada, cercando di razionalizzare le forze in campo, con lo sportello socio legale e il team mobile», conclude Alterisio.