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Il pittoresco alsaziano milanese

«Nella città di Sant’Ambrogio un romano nato in Germania fece la città e battezzò nel duomo attuale un nord africano che è il padre della filosofia moderna: Sant’Agostino».

È una delle mille frasi ad effetto di Philippe Daverio che, in questi giorni, ha lasciato, a 71 anni, per sempre la «sua Milano».  Non tutte le volte i suoi coup de théâtre erano felici e andavano a buon fine. Incalzato da un cronista d’assalto delle Iene sbottò contro «i siciliani terroni che mi fanno paura». Il giorno dopo arrivarono sul tavolo della presidenza della Regione Sicilia le sue spiegazioni. «Sbottai perché aveva ricevuto, io e la mia famiglia, minacce di morte». Al Governatore della Sicilia Musumeci che lo stigmatizzò, Daverio oppose il suo vissuto siciliano: «Ho insegnato a lungo in Sicilia e devo riconoscere con orgoglio che molti miei laureati presso la Facoltà di architettura di Palermo conservano un buon ricordo del mio operato didattico…».

Philippe Daverio intellettuale senza laurea ma di grande cultura, impareggiabile divulgatore della storia dell’arte, era tanto audace quanto contradditorio. In ogni caso ascoltarlo faceva sempre piacere. La sua grande specialità era la ricerca della bellezza in tutte le sue forme e la musica. Avrebbe potuto facilmente diventare un buon concertista ( suo figlio fu chiamato Sebastiano in onore di Bach)  ma al pianoforte preferì aprire una propria galleria d’arte in Via Montenapoleone. Che ebbe un gran successo. Aveva partecipato alla prima giunta leghista col sindaco Marco Formentini, fu assessore alla cultura per quattro anni e a Milano se lo ricordano ancora. Negli ultimi anni, politicamente, si era avvicinato a «più Europa». Passaggio inevitabile per l’autore del testo: «La mia Europa a piccoli passi» uno, tra i migliori, dei suoi tanti scritti..

Come l’arte Daverio era divisivo. Chi lo ha amato e chi lo ha detestato. Anche oggi a chiedere a qualcuno che l’abbia conosciuto (magari attraverso qualche programma televisivo tipo Passepartout) si raccoglieranno pareri contrastanti. Ho avuto l’occasione di incontrarlo nel corso di una tavola rotonda in occasione del quarantennale dell’Avo (Associazione volontari ospedalieri) che è nata a Milano nel 1975. Dopo la conclusione dei vari interventi sui temi dell’umanizzazione ospedaliera Daverio si avvicinò chiedendomi notizie sulla comunità valdese di Milano. E qui scoprii la sua conoscenza del protestantesimo europeo. Parlammo anche di valdismo e ricordo una sua espressione tranchant: «…voi valdesi siete storicamente  interessanti nel periodo medioevale ma entrando nell’età moderna vi siete omologati alla Riforma di Calvino perdendo le vostre caratteristiche originali…». 

Daverio mi ricordò che essendo nato a Muhlouse in Alsazia, terra di confine, aveva di fronte l’imponente tempio protestante di St.Etienne con il campanile più alto di Francia, quasi cento metri. Una splendida architettura neogotica; impropriamente chiamata la “cattedrale” di Mulhouse. Proseguì con un indovinello: un alsaziano, premio Nobel, protestante il quale suonava volentieri il grande organo di St. Etienne e s’innamorò della musica di Bach: chi era? Mi chiese e, allo stesso tempo, si rispose, togliendomi dall’impaccio: «Albert Schweitzer».

Pescava nella sua vasta biblioteca interiore e sfornava notizie e commenti anche provocatori. Poi è arrivato il momento del drink ben guarnito ed eravamo, con ogni evidenza, entrambi interessati. Nel salutarci mi lanciò questa raccomandazione: «Studi la vita del borgo medioevale e dei monasteri e troverà la chiave per meglio comprendere il nostro Paese». Tornando a casa riflettevo. Ma di quale Paese parlava? Del suo,la Francia di cui era cittadino o del mio?. Probabilmente pensava all’Europa che per lui, da sempre, rappresentava la nostra casa comune. Un giorno verificheremo….

 

Foto di Lelli e Masotti, Daverio a Palazzo Reale, Milano 2008