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Bambini, bambine, famiglie, comunità

Dalle strategie comunicative rivolte ai bambini e bambine ai problemi di tutti: il dibattito di venerdì pomeriggio, «Vicine ai bambini e alle bambine: comunità religiose ai tempi del Covid», è stato condotto da Sara E. Tourn, direttore responsabile de L’Amico dei Fanciulli, che ha presentato innanzitutto Marella Galfre e Stefania Pia (pastorale battesimale, diocesi di Torino) che hanno illustrato il progetto messo in opera per i bambini 0-6 anni, prima cioè dell’inizio della catechesi. Il gruppo cura la formazione dei catechisti e degli operatori, in quali sperimentano in forma di laboratorio ciò che poi si proporrà ai bambini e alle famiglie, e ciò è avvenuto anche nel momento della chiusura. Naturalmente si utilizza un linguaggio simbolico, perché i destinatari stanno appena iniziando a costruirsi il proprio linguaggio verbale. Quando tutto ciò si è dovuto fare a via web – hanno proseguito Pia e Galfre –, abbiamo chiesto alle famiglie di trovare un luogo (magari un tappeto), e un tempo di “introduzione/presentazione/accoglienza”, per dare consapevolezza di quel che si fa. Abbiamo utilizzato storie non direttamente “religiose”, ma che permettessero ai bambini di interagire con il loro universo di riferimento, come in un video elaborato in vista della Pentecoste. Il tutto cercando di entrare “in punta di piedi” nelle famiglie, già provate da smart working e lezioni scolastiche. La sintesi alla fine è una preghiera, per esempio un salmo. In definitiva: non è il linguaggio della fede a precedere quello della vita, ma il linguaggio della vita a fare venire fuori l’esperienza della fede.

Dal 2010, ha detto Ada Treves, giornalista di Pagine ebraiche «DafDaf» è uno degli inserti del mensile voluto due anni prima dall’Unione delle comunità ebraiche italiane (l’altro è «Italia ebraica», rassegna delle attività delle comunità stesse). Daf significa “pagina”, ma DafDaf significa “di pagina in pagina”, e costituisce un giornale ebraico dei bambini, non un giornale dei bambini ebrei: un giornale per la fascia dei 6-13 anni, di contenuto ebraico, ora giunto al n. 117. In epoca di Coronavirus è stato necessario realizzare due numeri in meno, e all’inizio del lockdown ci siamo chiesti se parlare del tema in sé, o provare a “introdurlo” in maniera più allusiva, suggerendo di prestare attenzione al fatto che fra noi esseri vari che popoliamo la terra… ci sono anche i virus. Non si diceva altro, per il momento. Sul numero di aprile si diceva di più, ma senza esagerare sulle spiegazioni: si parlava di una specie di mostro, non sappiamo ancora quanto cattivo. Il tema da porre (con una bella immagine dei due porcospini che vorrebbero fraternizzare, ma senza ferirsi a vicenda) è stato dunque quello della “giusta distanza”. Il mese successivo abbiamo puntato a dire quello che ognuno poteva fare per contribuire a superare la situazione, per esempio usare la bicicletta invece dei mezzi di trasporto collettivi, sempre cercando di dare speranza. Poi c’è stato il lavoro della pagina Facebook della Ucei, che ha prodotto un’enorme quantità di appuntamenti in video tra lezioni di cultura ebraica, interventi di tutti i rabbini in Italia, riflessioni su etica e bioetica: nell’immediato si trattava anche di sostituire online quella che era la festa di Purim, per la quale è consuetudine mascherarsi con fantasia: è stato fatto pensando ai bambini, e per loro si sono poi prodotti anche tre video al giorno. L’augurio è che non debbano essere costretti a vedere sempre video, e che possano riscoprire, fuori dall’emergenza, il piacere di leggere un giornale.

Sara Tourn ha illustrato la collaborazione tra l’Amico dei fanciulli e la rivista La Scuola domenicale del Servizio Istruzione e educazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia: la loro periodicità è dilatata nel tempo (trimestrale e semestrale), ma una serie di contenuti è stata trasfusa in pagine settimanali su Riforma: brevi riflessioni bibliche, giochi, ritagli, diffusi anche con la possibilità per chiunque di accedere gratuitamente al pdf del giornale e alla sua visione su Facebook. È stato scelto invece di non aumentare i contenuti in video, per non dilatare ulteriormente la permanenza dei bambini sul computer, limitandosi a rilanciare quelli prodotti da altri, a partire dai culti con il ciuccio proposti via video. La pastora Ulrike Jourdan, direttrice della rivista La Scuola domenicale, ha detto dell’importanza, nel profluvio di contenuti digitali che arrivavano ai bambini, di poter ritrovare il volto della loro maestra, figura pur sempre di riferimento. Ora zoom non è più sostenibile per i bambini di Genova (e di tutti gli altri), che hanno dovuto passarci troppo tempo: in ogni caso all’interno della comunità è stato bello vedersi di fronte non solo loro, ma anche e i loro genitori.

Il dibattito successivo, grazie anche a interventi dal pubblico e a quello del pastore Stefano D’Amore sui «culti col ciuccio» in modalità telematica, ha toccato temi svariatissimi: un gioco sui nativi/non nativi digitali (FB della Ucei), un corso di competenze digitali di base per over 60, la bellezza di un nuovo dialogo fra generazioni, il rischio che sia la rete web a gestire noi anziché viceversa, la necessità di considerare che la chiesa può assumere volti impensati