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Un “felice scambio”

Tu mi hai tormentato con i tuoi peccati, mi hai stancato con le tue iniquità. Io, io, sono colui che per amor di me stesso cancello le tue trasgressioni e non mi ricorderò più dei tuoi peccati
Isaia 43, 24-25

E voi, che un tempo eravate estranei e nemici a causa dei vostri pensieri e delle vostre opere malvagie, ora Dio vi ha riconciliati nel corpo della carne di lui, per mezzo della sua morte, per farvi comparire davanti a sé santi, senza difetto e irreprensibili
Colossesi 1, 21-22

L’umanità estranea e nemica, viene riconciliata da Dio nel corpo della carne di Cristo. Solo nella lettera ai Colossesi, e solo due volte, troviamo l’espressione “corpo della carne”. La ridondante enfasi vuole sottolineare che proprio nella reale e fisica umanità di Cristo, cioè nella parte che noi e lui abbiamo in comune, Dio ci ha riconciliati.

Il linguaggio sacrificale di questo brano riporta al significato centrale (tuttavia non l’unico) che gli scritti del Nuovo Testamento danno alla morte di Cristo: il compimento dell’unico, definitivo e irripetibile sacrificio di espiazione che era stato prefigurato nei sacrifici stabiliti dalla legge mosaica. La vittima senza difetto e irreprensibile veniva offerta per espiare il peccato di quanti erano “estranei e nemici”, in modo che a loro venisse assegnata la giustizia della vittima pura, così che potessero comparire davanti a Dio “santi, senza difetto e irreprensibili”, cioè con le qualità della vittima sacrificale. 

Occorre ricordare che il percorso concettuale trasgressione-sacrificio-espiazione all’epoca di Gesù era compenetrato nel vivere comune quanto oggi lo sono le regole dell’economia di mercato, e che pretendere di smantellare la teologia dell’espiazione perché oggi incomprensibile, significherebbe destoricizzare l’opera della salvezza.

Occorre pure ricordare che il sacrificio di espiazione non viene offerto a un dio crudele assetato di sangue. Nel sacrificio di Cristo, Dio si rivela soltanto ed esclusivamente nel suo Figlio. Dio è l’unico a rivelare la sua giustizia non nei carnefici, ma nel condannato.

Martin Lutero descriveva l’espiazione come un “felice scambio”, in cui Cristo prende il nostro peccato e in cambio ci dà la sua giustizia. Questo avviene nel corpo della carne di Cristo, in ciò che abbiamo in comune e che può essere scambiato a nostro favore, per reggere lo sguardo di Dio rivestiti della perfezione e della purezza di suo Figlio.

Immagine: Crocifissione (particolare), Giovanni Battista Caracciolo (1695-1765)