«Disappunto per i provvedimenti del presidente Musumeci»
Dopo mesi di dolore, di apprensione, di disorientamento, di incertezza anziché cercare l’unica soluzione possibile, che non è altro che un atteggiamento accogliente e solidale, si manifesta la necessità di individuare dei colpevoli. È più facile riconoscerli in chi fa paura, in chi è sconosciuto, in chi porta sul proprio corpo i segni della sofferenza, in chi non è sostenuto da nessuno.
Quando siamo tutte e tutti vulnerabili e dunque condividiamo la condizione di debolezza che ci rende forti e che Cristo ha condiviso con noi, proprio in quel momento non abbiamo altra scelta che continuare ad accogliere coloro che sono più deboli di noi, più vulnerabili di noi ma che nel nostro abbraccio accogliente hanno l’unica speranza di sfuggire a un futuro di povertà, di marginalità e oggi ancor più di malattia. Dobbiamo farlo come dovere civico, come esercizio del valore dell’umanità, come gesto di misericordia ma ancor più come logica conseguenza proprio di una comune condizione di vulnerabilità, di debolezza, di incertezza del futuro.
E’ quanto mai necessario adoperarsi in un’accoglienza attenta, dignitosa e rispettosa delle condizioni minime di vita e salute, ma ciò può accadere solo con il costante impegno di tutto coloro che hanno responsabilità nel settore, soprattutto di coloro che esercitano il governo, e non con l’esclusione, con il passare ad altri la “patate bollente”, con la scelta, speriamo non troppo consapevole, di chi è in difficoltà e di chi non è simile a noi per allontanare la paura della malattia e l’incertezza del futuro. Il domani non si costruisce allontanando chi è diverso da noi e abbandonandolo a percorsi incerti e pericolosi ma solo accogliendo, ancor più se quel domani ci fa paura.
Le emergenze non si superano additando alla pubblica attenzione supposti diffusori di malattia e decretando il loro allontanamento, suscitando così sentimenti di discriminazione e di odio, ma con l’impegno a garantire a tutte e a tutti, anche a coloro che le cercano lontano dai propri luoghi di origine, la vita, la salute e condizioni di esistenza dignitose».