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La nuova Amatrice ancora non c’è

Quattro anni fa, il 24 agosto 2016, a Torre Pellice, in provincia di Torino si stava svolgendo il consueto Sinodo annuale delle chiese metodiste e valdesi (quest’anno sostituito da eventi culturali per via della pandemia). 

Quella notte, alle 3,36, il Centro Italia si sveglia tragicamente per via di un terribile terremoto, un disastro naturale che causerà 300 vittime, migliaia i feriti e distruggerà borghi e luoghi tra i più belli del nostro Paese. 

Radio Beckwith apre le trasmissioni con la diretta alle 7 del mattino commentando a caldo i tragici fatti con due giornalisti ospiti (nello studio mobile allestito nella biblioteca della Casa valdese) in trasmissione, Roberto Davide Papini de La nazione e Gian Mario Gillio di Riforma

Oggi, a quattro anni da quella tragedia arriva una implacabile denuncia: «La nuova Amatrice non c’è ancora – ricorda l’agenzia di stampa Ansa –. Quattro anni dopo il sisma che rase al suolo il comune del Reatino, insieme ad Accumoli, che di quella terribile scossa fu l’epicentro, oltre a una larga parte delle loro frazioni, attende ancora la piena ricostruzione. I cantieri e le gru ci sono – prosegie l’Ansa –, i lavori vanno avanti, ma percorrendo le strade di montagna che attraversano il territorio colpito dalla scossa del 24 agosto 2016, e dalle migliaia che ne seguirono, si è ancora costretti a fare i conti con una ferita non rimarginata». 

Anche se non c’è più il grosso delle macerie, alcune frazioni, ormai disabitate, sono rimaste tali e quali. 

«Come se il tempo si fosse fermato quella notte – conclude l’agenzia –, a memoria del dolore e della vastità del danno inferto dal terremoto alle comunità dell’Alto Velino. Un processo lento, quello della ricostruzione, che sembra ripercorrere una storia già vissuta, a poca distanza dal Reatino, al di là delle montagne di confine, a L’Aquila».

Quel 24 agosto le chiese metodiste e valdesi riunite in assise espressero immediato il loro cordoglio, la loro vicinanza e solidarietà. 

«Appreso con sconcerto del terremoto in Centro Italia, quando è ancora indefinito il bilancio umano di questa tragedia, il primo pensiero va ovviamente alle vittime, alle loro famiglie, a coloro che sono ancora vivi sotto le macerie e a quanti stanno lavorando con ogni mezzo per salvarli», queste furono le prime parole del presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), il pastore Luca Maria Negro, che immediatamente decise di lanciare una raccolta fondi a favore delle popolazioni colpite per interventi di urgenza», «invitando gli evangelici italiani ad accompagnare con i loro sforzi l’impegno alla preghiera (che la Parola di Dio ci aiuti, disse) e a confortare, sostenere ed accompagnare i sopravvissuti e l’opera di ricostruzione».

Quella raccolta contribuì a dare sostegno a gran parte della popolazione, seppur sia stato solo un fiore lanciato nel mare della disperazione.