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Un luogo da poter chiamare casa

Nato a Daraa, in Siria, Ali Ghezawi aveva 14 anni e nei primi giorni di agosto si è tolto la vita. La famiglia composta da papà Ahmed, mamma Aisha e altri cinque fratelli ha dovuto affrontare delle prove impegnative causate dallo scoppio della guerra nel loro Paese. Nove anni di fuga alla ricerca di un luogo sicuro, di un posto nuovo da poter chiamare casa.
Iniziato dalla Siria, il loro pellegrinaggio si è spostato in Libano prima – dove hanno vissuto tutti insieme in un campo profughi – per poi recarsi in Spagna, dove avevano ottenuto l’asilo. Però le condizioni lavorative precarie e le ulteriori difficoltà quotidiane di essere “immigrati” in un paese europeo ha spinto la famiglia a spostarsi dalla città di Murcia all’Olanda. Una scelta sempre spinta dalla speranza e dal desiderio di trovare pace.

In base alle normative europee la richiesta di protezione che la famiglia Ghezawi ha avanzato all’Olanda viene respinta. «Quando abbiamo saputo che non potevamo rimanere in Olanda ad Ali è scattato qualcosa dentro, in Olanda si sentiva al sicuro» ha raccontato la madre. E a partire dal rifiuto olandese, per la famiglia è iniziato un nuovo calvario fatto di domande, trasferimenti e viaggi estenuanti sia per gli adulti ma soprattutto per i bambini.

Ali che studiava per poter diventare cardiologo e parlava ben 5 lingue, all’ennesimo rifiuto da parte del mondo, però, non ne ha retto il peso. Una volta rientrato in Spagna insieme alla famiglia, vedendosi negare il permesso di soggiorno per la scadenza dei documenti, il bambino ha sentito qualcosa cambiare dentro. «Non voleva più mangiare o parlare» hanno dichiarato i suoi genitori. Una condizione non nuova per Aisha e Ahmed Ghezawi che già nel 2019 avevano già affrontato un tentato suicidio del ragazzo salvatosi solo grazie all’intervento del padre. Però a Glize, nella regione olandese Limburgo, Ali è riuscito nel suo intento disperato dettato dalla stanchezza infinita di una vita in continua fuga senza alcun tipo di normalità.

Una storia che si trascina con sé una tragedia collettiva. Un peso con cui l’Europa, in tutto il suo essere, dovrà fare i conti. Per i bambini come Ali, per le famiglie come la sua che cercano pace e per tutte le vite che stanno cercando un luogo da poter chiamare casa.