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L’era complessa del politicamente corretto

Martedì 7 luglio 2020 è stata pubblicata sulla rivista americana Harper’s magazine una lettera firmata da 150 intellettuali tra cui accademici, giornalisti e scrittori. “Una lettera sulla giustizia e il dibattito aperto” è il titolo che hanno assegnato a questo testo che vuole denunciare il rischio sulla libera circolazione delle informazioni e delle idee.
Autori di successi editoriali e articoli premiati e riconosciuti in tutto il mondo hanno riscontrato «un’intolleranza per le opinioni diverse, l’abitudine alla gogna pubblica e all’ostracismo, e la tendenza a risolvere complesse questioni politiche con una vincolante certezza morale».

Il cambiamento che parte dai social
Internet è diventata la piazza principale nella quale chiunque può manifestare le proprie idee e il proprio dissenso. Questa nuova libertà ha causato, negli ultimi 5 anni, un ribaltamento drastico dell’opinione pubblica. Se il diritto di esprimere le proprie idee condividendole con un pubblico si è ampliato, lo stesso è valso anche per il dissenso e la critica. Il movimento #meeto, le proteste di Greta Thunberg e ultimi, ma non per importanza, gli uomini e le donne scesi per le strade americane prima – e di tutto il mondo poi – per chiedere la fine della brutalità della polizia.
Un processo che ha alimentato discussioni e vere e proprie mosse pubbliche a partire dai social. Azioni collettive verso soggetti considerati dannosi o ambigui che hanno preso il nome di “cancel culture”. Un termine nato in America che si identifica in un boicottaggio di massa verso persone singole o aziende che hanno espresso opinioni non condivisibili o controverse. Dichiarazioni omofobe, transfobiche, sessiste e razziste di celebrità o brand che possono essere “puniti” anche solo tramite la diffusione di un hashtag da parte di attivisti o semplici soggetti privati. Una vera e propria «ondata di vergogna online» che ricopre i social e le pagine pubbliche di questi soggetti

Gli effetti della cancel culture
Le reazioni alla lettera sono state numerose. L’aspetto più impressionante sono stati gli approfondimenti sulla questione della cancel culture; la cultura dello screditamento. L’accademica e attivista Loretta Ross ha definito come cancel culture «il tentativo da parte di singoli soggetti o di un gruppo di escludere e tagliare fuori chiunque non sia pienamente d’accordo con le loro idee».
Nata dal mondo dell’attivismo con l’intento di fare pressione su una istituzione o una società privata azioni o scelte dannose, quella della cancel culture è una pratica che si attua soprattutto online. E proprio nel mondo del web è crollata la credibilità e il seguito di moltissime figure importanti, punti di riferimento in ambiti accademici, letterari, sportivi e di molti altri settori.
Un’ondata, un cambiamento che nella lettera pubblicata da Harper’s è stata tacciata come vera e propria censura e quindi doverosa di una risposta per difendere la libertà di espressione, di poter dire e fare ciò che si vuole “preservando la possibilità di essere in disaccordo in buona fede, senza timore di catastrofiche conseguenze professionali”.

Le firme importanti della letteratura contemporanea
Tra i firmatari di questa lettera aperta si trovano i nomi di J.K. Rowling e Margaret Atwood. Entrambe le autrici di due dei best seller mondiali più famosi – la saga di Harry Potter (Salani) e I racconti dell’ancella (Ponte alla grazie) sono state protagoniste della “furia” caratteristica di questa cancel culture.
L’autrice della favola fantasy del maghetto più famoso del mondo, negli ultimi mesi, dal suo profilo Twitter ha pubblicato dichiarazioni chiaramente transfobiche che hanno causato dichiarazioni indignate e, addirittura, il dissociamento pubblico di Daniel Radcliffe (attore che ha interpretato Harry Potter) ed altri componenti del cast. Margaret Atwood, punto di riferimento della battaglia femminista, anni fa ha sconvolto i suoi fan con dichiarazioni controproducenti all’epoca del #metoo.
I firmatari sono accademici, giornalisti, autori. Tutti esponenti di una fetta ben chiara e posizionata della realtà intellettuale internazionale che gode da sempre di privilegi e di ascolto, a differenza dei soggetti da cui gli autori della lettera sono stati oggi e in passato criticati e “cancellati”.

Quella del “politicamente corretto” e delle modalità in cui può e deve essere utilizzato dentro e fuori da internet è una questione che non accenna a chiudersi. Riportando così a un livello di complessità stimolante, seppur rischiosa, il ragionamento sempre attuale sull’opinione pubblica e le voci che ne sono protagoniste. Mai come oggi, a seguito delle rivoluzioni e delle sfide contemporanee, è fondamentale raggiungere un confronto composto da onestà ed uguaglianza. Senza di esse, il rischio di combattere una battaglia utile verrebbe meno, facendoci perdere una possibilità di miglioramento.