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Genere e sesso, consapevolezze in divenire

Il ciclo vizioso della violenza verbale, che avvelena i rapporti tra le persone e il tessuto delle relazioni sociali,  si è aggravato negli ultimi anni attraverso l’utilizzo dei social media che non sono una zona franca ma fanno parte della realtà. Anche se abbiamo la memoria corta, è stata una vera e propria emergenza nazionale prima della diffusione della pandemia, soprattutto nella comunicazione politica, ma durante il lockdown, ci suggeriscono alcune ricerche, la discriminazione contro migranti, omolesbotransessuali e ebrei è semmai aumentata e non certo diminuita. E in Italia siamo in attesa di una nuova legge nazionale contro le discriminazioni in base a sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere.

In Europa, nell’ultimo incontro del gruppo di lavoro su “Sexuality and gender” della Comunione di chiese protestanti in Europa, tenutosi il 28-29 giugno, una giovane ricercatrice nordeuropea ha sottolineato la preminenza della parola “gender” su “sexuality” e quando le abbiamo chiesto il motivo ha spiegato che la sua generazione ha incontrato prima il termine “genere” e in seguito la parola “sesso”, a indicare una differenza intergenerazionale tra i gruppi femministi di cui anche in Italia sarebbe necessario accorgersi. Cioè, la costruzione culturale e sociale dei rapporti tra i sessi, spesso caratterizzati da asimmetrie di potere e soprusi, ma anche l’educazione ai ruoli sessuali fa parte della crescita e dell’educazione delle persone prima che scoprano la sessualità e la differenza biologica tra maschio e femmina che trova nella riproduzione e nella maternità la sua manifestazione. Ma la sessualità si è ormai da tempo liberata dell’assunto per cui essa è finalizzata solo alla filiazione. Ovviamente, questo punto ha suscitato un dibattito articolato nel gruppo composto da membri provenienti da Olanda, Germania, Italia, Polonia, Ungheria e Gran Bretagna e la discussione si annuncia prolungata e difficile perché al genere si riconoscono aspetti salienti della soggettività femminile ma non ci si limita ad essa: è un termine più inclusivo.

In Italia, il dibattito intorno alla nuova proposta di legge dovrebbe guardare al futuro, ricordando le diverse ondate di femminismo, ad esempio la visione essenzialista della differenza sessuale che è stata propria del dibattito filosofico italiano in una certa fase, ma collocandosi all’interno di una rete internazionale che ha spostato l’accento sul genere e dunque sul divario nei rapporti. Si distingue tra una base biologica della differenza sessuale non solo tra uomini e donne ma contemplando anche l’intersessualità e la transsessualità. Per questo nella nuova proposta di legge si menzionano per esteso diversi concetti che rendono bene la complessità dell’argomento: sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere.

Laura Boldrini e Monica Cirinnà,  in un recente articolo su Huffington Post  sottolineano che l’intento della nuova legge sia un intervento contro la spirale d’odio che si riversa contro le persone ritenute “non conformi”, perché libere e diverse. È questo che le rende bersaglio di insulti, non tanto le loro opinioni. La nuova legge potrebbe favorire la libertà d’espressione ampliando anzi gli spazi di confronto su temi tanto delicati e importanti per la vita delle persone. È in discussione la matrice patriarcale della nostra cultura che vede emergere la componente dei crimini d’odio basati sull’identità sessuale e sul genere in tutte le articolazioni. Non sarebbe dunque solo una questione di tutela delle minoranze – è stato detto che le donne non possono essere ridotte a minoranza da tutelare – ma di pari dignità e protezione per ogni essere umano, come ci ricorderebbe Rodotà, nel suo libro “Diritto d’amore” (Laterza 2015), richiamando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (articolo 21, divieto di discriminazione per orientamento sessuale). Insomma, questa legge nazionale sarebbe uno strumento in più. 

Le chiese protestanti in Europa stanno riflettendo su queste tematiche e offriranno presto linee guida al riguardo, affinché le nostre comunità possano dare un contributo al dibattito pubblico, possano esprimersi in termini biblico-teologici in dialogo con la società, sappiano soprattutto accogliere i credenti e le credenti, educandoli oltre i pregiudizi in ogni età, affermando con l’apostolo Paolo: “Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Gal. 3:28).