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Dio ascolta la voce delle nostre suppliche

Io, nel mio smarrimento, dicevo: «Sono respinto dalla tua presenza»; ma tu hai udito la voce delle mie suppliche, quand’ho gridato a te
Salmo 31, 22

Il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco medicante, sedeva presso la strada. Udito che chi passava era Gesù il Nazareno, si mise a gridare e a dire: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!». E molti lo sgridavano, perché tacesse. Gesù, fermatosiu, disse: «Chiamatelo!»
Marco 10, 46-48. 49

Capita nella vita di attraversare periodi difficili, durante i quali tutto sembra sgretolarsi sotto i nostri piedi e anche ciò che attorno ci sembrava un solido appiglio a cui afferrarci si rivela illusorio o peggio ostile: come se ci accorgessimo di esserci aggrappati a un serpente velenoso. Tutto attorno a noi vacilla, ogni sicurezza svanisce e ci ritroviamo soli, in balìa dei crudi eventi e dell’improvvisa ostilità altrui. Anche la nostra solidità fisica e psichica incomincia a sgretolarsi e perdiamo la fiducia che qualcosa da qualche parte ci sia favorevole. È in tali momenti che ci rivolgiamo a Dio, pregandolo o talvolta gridando a lui. L’orante del Salmo 31 ha attraversato questo tipo di situazione.

Nel nostro versetto vi è un «io», smarrito, sgomentato, che è sempre più convinto di essere stato «respinto», escluso dallo sguardo di Dio, dai suoi occhi, in breve dalla sua «presenza». È un io desolato, che cerca invano uno sguardo che risponda al suo. Ma poi c’è un «tu», del quale l’orante non percepisce lo sguardo, ma che ode la sua voce. Ecco: colui che si nega alla nostra vista, ci dona però il suo ascolto; la realtà che i nostri occhi vedono, e che sembra ignorarci, non è la verità. Dio ode la voce delle nostre preghiere, e se la ode (questo ci dice tutta la storia biblica) vi risponde. Non siamo soli, neppure nella più completa tribolazione: Dio ascolta ciò che si leva a lui dal nostro cuore. La preghiera è un mezzo potente, ecco cosa ci dice l’orante in questo salmo, ma lo è grazie a Dio e a lui solo. È solo grazie al suo ascolto, grazie all’ascolto di quel “tu”, che l’“io” di chi prega e geme non si perde nel nulla, non si smarrisce, ma si scopre collocato difronte a un “tu” che lo considera, lo fa essere e lo ricolloca nel mondo in modo nuovo e diverso.