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Chiedere giustizia all’Egitto volendo si può…

Uno studente di medicina americano detenuto senza processo in una prigione egiziana per quasi 500 giorni è stato liberato ed è tornato negli Stati Uniti. L’ha riferito ieri il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti.

Il rilascio di Mohamed Amashah, ricorda il Time  (cittadino egiziano-americano di Jersey City, New Jersey) è avvenuto dopo mesi di pressioni da parte dell’amministrazione Trump. A sostenerlo è il gruppo Freedom Initiative che ha promosso la causa, insieme a tante altre ancora aperte, per la scercerazione di Amashah.

«Accogliamo con favore il rilascio del cittadino americano Mohamed Amashah dalla custodia egiziana e ringraziamo l’Egitto per la sua cooperazione nel suo rimpatrio», ha affermato il Dipartimento di Stato americano.

Il presidente del Comitato per le relazioni estere del Senato degli Stati Uniti, il senatore Jim Risch dell’Idaho, afferma il Time, ha accolto «con favore» la liberazione di Amashah affermando di aver «sollevato personalmente la questione degli americani ingiustamente detenuti», con il ministero degli Esteri dell’Egitto la scorsa settimana.

Come migliaia di prigionieri politici in Egitto Amashah, ventiquattrenne, era stato trattenuto in custodia cautelare con l’accusa di «abuso di social media» e di «sostegno a gruppi terroristici». 

Come sta purtroppo avvenendo per lo studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto in Egitto, Patrick Zaki, anche Mohamed secondo quanto previsto dalle leggi antiterrorismo egiziane è stato trattenuto in cella grazie al rinnovo attuato dai pubblici ministeri,  in base alle vaghe accuse rivolte al giovane, con continui periodi di detenzione preventiva, rinvii fatti di 15 giorni in 15 giorni, arrivando a ben 500 giorni di «custodia» dello studente americano.  

Una prassi che può far rimanere in carcere le persone per mesi o anni, anche quando le prove di reato sono scarse, o inesistenti.

A causare l’arresto del giovane un fatto avvenuto nel marzo scorso. Amashah, si era recato da  solo in piazza Tahrir del Cairo, l’epicentro della rivolta araba egiziana, con un cartello che recitava «Libertà per tutti i prigionieri politici».

Fermato dalla polizia fu condotto nel complesso carcerario di Tora al Cairo dov’è poi rimasto per 16 mesi. 

Prima di salire a bordo del volo per tornare negli Usa, domenica il giovane ha dovuto «rinunciare alla cittadinanza egiziana come condizione per il suo rilascio».

«Certo 500 giorni di carcere per uno studente che aveva solo innalzato un cartello per chiedere la libertà per i prigionieri è un tempo enorme, però questa storia ci insegna che le pressioni a un certo punto pagano», ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia all’Agenzia di stampa Ansa

Le proteste sono illegali in Egitto ai sensi di una legge del 2013, ossia da quando il presidente Abdel Fattah al-Sissi, come ministro della difesa guidò con l’esercito l’espulsione del presidente Mohamed Morsi.