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Regeni: ora basta, la pazienza è finita. E Zaki?

«Doveva essere l’incontro della verità e invece è stata l’ennesima perdita di tempo. Dopo quattro anni e mezzo dall’omicidio e 14 mesi dall’ultima rogatoria, non c’è ancora nessuna svolta nell’inchiesta egiziana sulle torture, il sequestro e l’assassinio di nostro figlio Giulio Regeni» gridano (ancora una volta) Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori del ricercatore italiano ucciso al Cairo nel gennaio del 2016. 

Il procuratore generale del Cairo (ricordano oggi molti quotidiani nazionali in prima pagina) Hamada Elsawi, ieri non ha dato alcuna risposta al procuratore capo di Roma Michele Prestipino e al sostituto Sergio Colaiocco in merito alle 12 richieste fatte nella rogatoria inviata ad aprile nello scorso anno.

Immediato è stato “lo sfogo” della legale della famiglia Regeni e dei genitori di Giulio.

«A leggere il comunicato della procura di Roma, è evidente che l’incontro virtuale di oggi con la procura egiziana è stato fallimentare», ha scritto sul suo profilo facebook pochi minuti dopo l’incontro l’avvocata della famiglia Regeni Alessandra Ballerini e ha proseguito «Gli egiziani non hanno fornito una sola risposta alla rogatoria italiana, sebbene siano passati ormai 14 mesi dalle richieste dei nostri magistrati. E addirittura si sono permessi di formulare istanze investigative sull’attività di Giulio in Egitto. Istanze che oggi, dopo quattro anni e mezzo dalla sua uccisione, senza che nessuna indagine sugli assassini e sui loro mandanti sia stata seriamente svolta al Cairo, suona offensiva e provocatoria. Nonostante le continue promesse – ha proseguito Ballerini – non c’è stata da parte egiziana nessuna reale collaborazione. Solo depistaggi, silenzi, bugie ed estenuanti rinvii. Il tempo della pazienza e della fiducia è ormai scaduto. Chi sosteneva che la migliore strategia nei confronti degli egiziani per ottenere verità fosse quella della condiscendenza, chi pensava che fare affari, vendere armi e navi di guerra, stringere mani e guardare negli occhi gli interlocutori egiziani fosse funzionale ad ottenere collaborazione giudiziaria, oggi sa di aver fallito». 

Dunque per Ballerini «Richiamare l’ambasciatore oggi è l’unica strada percorribile. Non solo per ottenere giustizia per Giulio e tutti gli altri Giuli, ma per salvare la dignità del nostro paese e di chi lo governa». 

Una dichiarazione, la sua, ricorda Ballerini firmata insieme a Paola e Claudio Regeni.

Un pensiero in queste ore, ovviamente, va anche a Patrick Zaki.

Il poravoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, ha dichiarato poche ore fa: «Con rispetto a Giuseppe Conte e a Luigi Di Maio, vorremmo sapere in tante e in tanti, parlamentari inclusi, se state chiedendo al presidente egiziano al-Sisi di includere Patrick Zaki nella grazia per 530 detenuti», una dichiarazione sostenuta dal deputato Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni.