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Olimpiadi, occasione persa?

Le Olimpiadi invernali torneranno in Italia, a distanza di 20 anni da Torino 2006. Il 24 giugno dell’anno scorso, infatti, l’asse Milano-Cortina ha avuto la meglio sulla candidatura di Stoccolma ricevendo 47 voti contro i 34 degli svedesi nel voto finale del Comitato internazionale olimpico (Cio). Tutti contenti? Non esattamente. Per mesi, infatti, Torino aveva accarezzato il sogno di poter bissare la positiva esperienza del 2006, sulla spinta di diversi attori sociali (con la Camera di Commercio di Torino in prima fila). Dal canto suo Milano si preparava, insieme a Cortina (organizzatrice dei giochi nel 1956), ad affrontare un vero e proprio derby italiano per la candidatura. 

Nel corso dei mesi successivi si era fatta strada l’ipotesi di proporre un unico asse alpino, da Torino e le valli olimpiche fino a Cortina, passando per la metropoli meneghina, un’ipotesi presto tramontata. L’assegnazione dei giochi a Milano-Cortina rappresenta, per molti versi, un’occasione persa: il patrimonio impiantistico e infrastrutturale ancora relativamente giovane, eredità dei giochi del 2006, avrebbe potuto infatti concretizzare quel principio di sostenibilità che il Cio stesso sbandiera da qualche tempo, salvo poi assegnare i giochi a località che la neve l’hanno vista solo in cartolina (vedi Pechino).

Sulla decisione italiana di escludere il capoluogo sabaudo ha senza dubbio pesato l’intransigenza e l’acceso dibattito interno all’amministrazione comunale torinese (dinamica riprodotta anche all’interno del governo) a guida Cinque Stelle, la cui ala più radicale aveva mantenuto, almeno inizialmente, la forte contrarietà all’organizzazione di grandi eventi. Un’occasione persa non soltanto per la città di Torino, ma per tutte le valli olimpiche, in un contesto nel quale anche i (pochi) errori commessi nel 2006 avrebbero potuto essere in parte leniti da una nuova edizione. 

L’evento olimpico torinese, si diceva, è stato caratterizzato più da luci che da ombre: la città ha triplicato l’offerta ricettiva per studenti universitari, Pinerolo ha avuto l’autostrada, le valli olimpiche ne hanno tratto beneficio, il Cuneese ha potenziato l’aeroporto e avuto la tangenziale di Saluzzo. A fronte di un budget di 1 miliardo e 700.000 euro si è riusciti ad avanzarne 100, quel famoso tesoretto olimpico ancora oggi utilizzato nella gestione dei siti olimpici.

Una buona gestione finanziaria, quindi, accompagnata da un’impeccabile organizzazione, riconosciuta anche dai vertici del Cio. I punti critici, se mai, si possono riconoscere nella gestione post-olimpica di alcune strutture, punto cardine per poter definire sostenibile un evento di questa portata. In tal senso, due opere sono particolarmente emblematiche e segnano una profonda differenza nella visione strategica di futuro: parliamo del Palazzetto del ghiaccio di Pinerolo e i trampolini di Pragelato.

Pinerolo ha saputo sfruttare bene l’occasione, creando intorno alla struttura dedicata al curling la nascita di un fiorente movimento sportivo per una disciplina che, prima di allora, in pochi avevano sentito anche solo nominare. L’iniziale ironia circa l’assegnazione delle gare di uno sport minore in breve tempo ha lasciato il posto alla curiosità e all’entusiasmo contagioso che hanno portato alla crescita del curling italiano fino alla storica qualificazione ai giochi di PyeongChang, facendo di Pinerolo una vera e propria capitale di questa disciplina.

Di segno opposto si è invece rivelata l’esperienza dei trampolini a Pragelato: costati oltre 34 milioni di euro e particolarmente impattanti da un punto di vista visivo e ambientale, sono stati presto abbandonati e anche la prospettiva di creare un vivaio di atleti e affittare l’impianto alle squadre internazionali è presto tramontata, rendendo quest’opera mastodontica un argomento più che valido per coloro che si sono dichiarati assolutamente contrari a una nuova edizione torinese. A oggi l’attuale sindaco di Pragelato Giorgio Merlo invoca ancora una decisione sui due trampolini grandi, avendo già un progetto finanziato dagli organismi preposti per il recupero dei tre trampolini piccoli e per il lancio di alcune discipline sportive, per risolvere in via definitiva un problema che si trascina penosamente dal 2006.