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Chiese e Nazioni Unite condannano le violenze nelle Filippine

Il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec) si è unito alla Coalizione internazionale per i diritti umani nelle Filippine, al Consiglio nazionale delle chiese nelle Filippine e alla Chiesa metodista unita con una dichiarazione congiunta

in vista della 44a sessione del Consiglio dei diritti umani (Onu).

La dichiarazione invita il governo filippino a porre fine alle violazioni dei diritti umani. 

«Accogliamo con favore la relazione dell’Alto Commissario sui diritti umani nelle Filippine», scrivono i promotori dell’appello. 

«La relazione – si legge – descrive in modo accurato le terribili violenze commesse dal governo, azioni che non fanno latro che aggravare la già difficile situazione».

La dichiarazione ricorda l’arresto della giornalista Frenchiemae Cumpio, fermata lo scorso febbraio con l’accusa di aver fabbricato armi da fuoco e il fatto che lo scorso maggio il governo abbia chiuso anche la più grande rete televisiva, l’Abs-Cbn, e che il mese seguente sia stata confermata la condanna per diffamazione della direttrice Maria Ressa

Le critiche al governo «sono pubblicamente condivise ma sono anche represse sul nascere. Il fatto ancor più grave – si legge ancora – e che attraverso gli account ufficiali di Facebook alcuni militari e poliziotti sostengono che i leader dell’alleanza dei popoli indigeni Cordillera, il Consiglio nazionale delle chiese e alcune delle sue chiese membro siano: “reclutatori o sostenitori di terroristi”».

Il nuovo disegno di legge antiterrorismo, poi, si legge ancora «permette l’arresto di qualsiasi persona che esprima critiche verso l’operato del Governo. Arresto che può avvenire anche senza mandato. E così la detenzione, che può essere imposta anche senza precise accuse per un massimo di 24 giorni».

La dichiarazione congiunta, dunque, sollecita che si arrivi presto alla «giustizia per le vittime e che si attuino indagini adeguate e procedimenti giudiziari giusti».

 
Photo:Albin Hillert/WCC