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Un’odissea che passò attraverso l’Inquisizione

Ecco un libro che si legge d’un fiato e ci ricorda che accadimenti storici, accuratezza e serietà non sono sinonimo di noia e pesantezza, a patto che chi scrive sappia farlo. Renato Salvaggio*, membro della chiesa valdese di Palermo e predicatore locale, racconta antiche vicende come se vi avesse assistito e, pur attenendosi a fatti accaduti, li intreccia sapientemente con avvenimenti e personaggi d’invenzione, come nella miglior tradizione del romanzo storico.

Da tempo rifletteva sul fatto che del personaggio a cui è dedicata la lapide nel tempio valdese di Palermo, Giacomo Bonelli, pastore valdese originario di Dronero (Cn) arso vivo nel 1560, non si sa nulla. Gli archivi della Santa Inquisizione (quella spagnola, intransigente e spietata) sono stati bruciati e, a parte la data e il luogo di origine, il resto è mistero. Scoperto che era stato a La Guardia – ora Guardia Piemontese – in Calabria, dove dal XIV secolo c’erano colonie di Valdesi, decise di farne l’espediente per una storia tramite cui raccontare la Storia.

I protagonisti sono due giovani semplici ma dotati di intelligenza, curiosità e forza morale, Giovanni e Caterina che possono ricordare, anche nello svolgimento della vicenda, i Promessi sposi. Con una grossa differenza: questa narrazione è avvincente, quella di Manzoni, di romantico non ha nulla e non si legge d’un fiato! Inoltre Caterina, che, pur comparendo solo dal cap. VII, è la vera protagonista, non potrebbe essere più lontana da Lucia che in tutto il tomo manzoniano non fa che arrossire, abbassare gli occhi e sospirare. La ricamatrice palermitana è una forza della natura e grazie alla sua decisione di non separarsi dall’uomo amato, i due affrontano insieme le prove e gli ostacoli nella fuga verso la ricerca non solo della propria felicità, ma di una società più giusta e libera, in cui ognuno viva in pace la sua fede in base alla propria coscienza. Il loro amore è focoso e la madre di Caterina è più aperta mentalmente di molti nostri contemporanei; così come lo è il loro confessore, padre Cortes, non a caso in odore di “valdesia”.

La Palermo del ’500 è una metropoli crocevia del Mediterraneo e il merciaio Giovanni, frequentando forestieri che importano non solo merci ma anche idee come quelle di Lutero e libri ginevrini, è avido di conoscenze, specie dopo aver ascoltato la dignitosa e serena testimonianza di Bonelli davanti al rogo. Proprio come la bella Caterina che, senza essere una suffragetta fuori tempo, non si lascia sopraffare da intimidazioni e ingiustizie e, se necessario, sa resistere anche con la forza.

Eccoli quindi cavalcare per la Sicilia fino a Messina, città aperta e più libera di Palermo. Constatato però che anch’essa non è più posto sicuro, salpano per la Calabria, verso una Terra Promessa dove vive un popolo, strano per lingua e costumi, laborioso, onesto e che, incredibile per i tempi, pratica la nonviolenza. Dopo essere incappati in briganti umani e frati crudeli e aver conosciuto il leggendario “re Marcone”, approderanno finalmente presso i Valdesi di S. Sisto, dove pensano addirittura di sistemarsi. Spagnoli e Inquisizione, però avanzano inesorabili e tutto precipita. Tradimenti, ricatti, delazioni, massacri: i nostri decidono di rimpatriare e la loro è una vera odissea. La tragica epopea fa riflettere sulle folle che godono del sangue e sul popolo tenuto a bada con Feste, Farina, Forca ma si sorride pure di casalinghi particolari come le salsicce calabresi e la lezione sui bardotti.

* R. Salvaggio, Autodafé. Torino, Claudiana, 2019, pp. 312, euro 14,50

Foto: la lapide che ricorda i morti per ragioni di fede a Guardia Piemontese