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No Justice, No Peace

L’esasperazione di un popolo
“Provate a pensare questo: se nascete negli Stati Uniti e siete neri è tre volte più probabile che un poliziotto vi spari, uccidendovi. Meglio nascere bianchi. Oppure cercare di cambiare il sistema.” In una sola frase, Raphael Zanotti spiega con estrema semplicità la situazione attuale che gli Stati Uniti d’America stanno affrontando. A seguito della morte, per mano della brutalità della polizia, del 47enne afroamericano George Floyd il movimento antirazzista Black Lives Matter ha deciso di pronunciarsi scendendo in strada, chiedendo giustizia per Floyd e per tutti gli afroamericani uccisi per mano della polizia.

Un Paese in fiamme
Atlanta, Charlotte, Denver, Los Angeles, New York, Miami, Filadelfia, Phoenix, Pittsburg, Richmond, Virginia, Salt Lake City, Utah, Seattle e Washington sono le città che protagoniste delle maggiori proteste. In aggiornamento continuo l’adesione degli altri stati del Paese.
Mentre il procuratore generale di Minneapolis ha riqualificato le accuse per la morte di Floyd – accusando l’agente Derek Chauvin di omicidio volontario non premeditato – continuano le proteste violente con conseguenti arresti, saccheggi e scontri che sanno di guerriglia urbana. A New York il primo cittadino Bill De Blasio ha annunciato che il coprifuoco in città durerà fino a domenica 7 giugno dalle 20 alle 5 del mattino. E anche se la linea generale persegue l’assoluta intolleranza verso la violenza, il desiderio di libertà e di cambiamento non ferma i manifestanti e gli attivisti scesi in strada.

“No justice, no peace!” e la protesta collettiva
Toronto, Montréal, Vancouver, Berlino, Londra, San Paolo, Copenaghen, Auckland e Milano. Sono alcune delle città in cui negli ultimi giorni hanno avuto luogo le proteste per la morte di George Floyd fuori dagli Stati Uniti. Attivisti, artisti, persone dello spettacolo e civili si sono riversati in strada e hanno chiesto giustizia al grido di “No justice, no peace!”.
Fiumi di persone riversate in strada con il desiderio di accorciare le distanze e permettere una riflessione sul razzismo e sulle ingiustizie anche alle proprie realtà. Scontri durante le manifestazioni si sono presentati anche in Inghilterra e in Danimarca, ma gli attivisti – anche occupati a mantenere le norme di distanziamento sociale causa Covid-19 – sono riusciti a risanare gli animi e a portare avanti le proteste.

Torino e le altre città italiane
Il 29 maggio in via Turati a Milano, proprio davanti al consolato degli Stati Uniti alcuni civili hanno organizzato un flash mob di protesta al grido di “I can’t breathe”. È stata la prima città italiana a mobilitarsi nei confronti dell’omicidio di Floyd avvenuto il 26 maggio scorso.
Nell’ultima settimana, però, la mobilitazione mondiale e l’interesse mediatico a seguito delle proteste americane hanno acceso il desiderio di voler esprimere solidarietà ai cittadini afroamericani anche dall’Italia. Tutte le principali città si sono organizzate per scendere in piazza questo weekend: BOLOGNA – 6 giugno ore 19 Piazza Maggiore, FIRENZE – 6 giugno ore 19.30 Consolato U.S.A, PALERMO – 6 giugno ore 16 Piazza Castelnuovo, ROMA – 7 giugno ore 11 luogo Piazza degli apostoli, MILANO – 7 giugno ore 16 Piazza Duca D’Aosta.
Anche Torino non mancherà. La rete 21 marzo in collaborazione con Il collettivo “No justice, no peace!” ha organizzato nella data di sabato 6 giugno un vero e proprio sit-in in Piazza Castello. A partire dalle 15 una manifestazione pacifica contro i fatti inaccettabili che si stanno verificando negli Stati Uniti e per apportare una riflessione necessaria sul razzismo di matrice italiana presente anche sul nostro territorio. Tutti gli eventi si svolgeranno nel rispetto delle attuali misure di contenimento del Covid-19.