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La Bibbia non è un accessorio

Sono molte le reazioni sdegnate di fronte alla passeggiata che il presidente Trump ha voluto compiere lunedì 1° giugno dalla Casa Bianca alla vicina St John Episcopal Church, per farsi ritrarre da fotografi e telecamere con una Bibbia in mano di fronte alla storica chiesa, e al contempo stigmatizzando le rivolte che stanno scuotendo gli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd per mano degli agenti di polizia di Minneapolis.

Uno scatto fotografico e nulla più, nemmeno una preghiera, un momento di raccoglimento, solo la volontà di forzare la mano mostrando il presidente, la guida della nazione, libero di muoversi per la capitale e appellarsi a valori spirituali. Ma così non è stato: Trump ha potuto muoversi solo dopo che le forze dell’ordine avevano con forza sgomberato tutti i manifestanti che in questi giorni stanno riempiendo anche le piazze di Washington. Le autorità hanno espulso anche almeno una pastora episcopale e un seminarista che stavano protestando nel cortile antistante la chiesa.

«Hanno trasformato un luogo sacro in un campo di battaglia» racconta al sito Religion News Service la pastora Gini Gerbasi. Lei con almeno altri venti pastori episcopali della zona da giorni sono presenti in soccorso dei manifestanti, fornendo acqua, cibo e disinfettante per le mani alle migliaia di persone che stanno urlando no al razzismo.

Il vescovo e Primate della Chiesa episcopale degli Usa, Michael Curry ha così commentato l’improvvida visita del tycoon: «Questa sera, il Presidente degli Stati Uniti è venuto di fronte alla Chiesa Episcopale di San Giovanni, ha portato con la mano in alto una Bibbia e si è fatto fotografare. Nel fare ciò, ha usato una chiesa e la Sacra Bibbia per scopi di partigianeria politica. Tutto ciò in un tempo di profonda costernazione e di profondo dolore nel nostro paese, non aiutando né sanando noi tutti con il suo gesto. La Bibbia ci insegna che “Dio è amore”. Gesù di Nazareth ci ha insegnato, “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Il Profeta Michea ci ha insegnato che il Signore ci chiede di “praticare la giustizia, l’amore e la misericordia e di camminare umilmente con Dio. La Bibbia che il Presidente ha innalzato e la chiesa, di fronte alla quale si è posto, rappresentano i valori dell’amore, della giustizia, della compassione e la via per sanare le nostre colpe. Abbiamo bisogno che il nostro Presidente, e tutti coloro che svolgono un ruolo pubblico, siano leader morali che ci aiutino ad essere persone e ad essere una nazione che vivano questi valori. Per il bene di George Floyd, per il bene di tutti coloro che hanno sofferto ingiustamente e per il bene di tutti noi, abbiamo bisogno di leader che ci aiutino ad essere una nazione, sotto Dio, con la libertà e la giustizia per tutti».

La vescova episcopale di Washington, Mariann Budde si è a sua volta definita «indignata» per la presenza del presidente di fronte alla chiesa: «Il simbolismo di lui che regge una Bibbia … come supporto e in piedi davanti alla nostra chiesa come sfondo quando tutto ciò che ha detto è antitetico agli insegnamenti delle nostre tradizioni e ciò che rappresentiamo come chiesa mi ha fatto inorridire».

«Non è venuto a pregare. Non è venuto a lamentarsi della morte di George Floyd. Non è venuto per affrontare le ferite profonde che vengono espresse attraverso proteste pacifiche da migliaia e migliaia. Non ha cercato di calmare le situazioni che esplodono per il dolore».

Il sacerdote gesuita americano James Martin ha detto a NBC News: «Sarò chiaro. È rivoltante. La Bibbia non è un accessorio. Una chiesa non è un luogo per una Photo opportunity. La religione non è uno strumento politico. E Dio non è un giocattolo».

Tuttavia, questo colpo mediatico, per quanto strano possa sembrare, non è stato fatto per caso. Donald Trump ha cercato di prendere due uccelli con una fava. Posando davanti a una chiesa “riconquistata” dopo gli scontri com i manifestanti, stava già cercando di far dimenticare alla gente la fuga nel bunker della Casa Bianca venerdì sera, a causa delle rivolte nella capitale.

Ma posando in questo modo, con la Bibbia in mano e un’aria di sfida nei suoi occhi, in particolare ha inviato un messaggio molto chiaro al suo elettorato evangelico. André Gagné, professore associato presso la Concordia University in Canada, lo conferma dalle colonne del sito Reforme.net: «Questa operazione mediatica rappresenta l’essenza stessa del concetto di ”autorità divina” sviluppato dalla destra cristiana, in cui si riconosce la frangia evangelica che sostiene Trump, dice il ricercatore. È davvero una scena di Romani 13,1-4, uno dei testi biblici preferiti degli evangelici pro-Trump».  E cioè: «Ogni persona stia sottomessa alle autorità superiori; perché non vi è autorità se non da Dio; e le autorità che esistono sono stabilite da Dio. Perciò chi resiste all’autorità si oppone all’ordine di Dio; quelli che vi si oppongono si attireranno addosso una condanna; infatti i magistrati non sono da temere per le opere buone, ma per le cattive. Tu, non vuoi temere l’autorità? Fa’ il bene e avrai la sua approvazione, perché il magistrato è un ministro di Dio per il tuo bene; ma se fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; infatti è un ministro di Dio per infliggere una giusta punizione a chi fa il male».

André Gagné spiega: «Secondo questa lettura della Bibbia, Trump e il suo governo incarnano l’autorità istituita da Dio – questo è ciò che evidenzia stando di fronte alla Chiesa di San Giovanni, con la Bibbia in mano. Le forze armate e di polizia rappresentano i “magistrati” che puniscono i manifestanti per la loro disobbedienza. Si noti che nel suo discorso, Trump ha definito le proteste un “crimine contro Dio”. In questa fotografia, Trump si presenta come l’unico Dio messo in atto per mantenere l’ordine, ma anche per proteggere la “libertà religiosa”. È anche interessante ricordare che questa chiesa è stata avvolta dalle fiamme domenica scorsa. Trump sembra, in un certo senso, venire in soccorso delle chiese. Vuole dimostrare che li proteggerà dal destino di questa chiesa e dalla “corruzione del secolarismo».

Attraverso questa operazione di comunicazione, Donald Trump continua quindi la sua luna di miele con una certa frangia di evangelismo americano, che continua ad acclamarlo contro ogni previsione. Cristiani che vedono in lui, per mancanza di un esempio di virtù cristiana, l’araldo delle loro lotte culturali. Questa tattica, finora, ha funzionato bene per il Presidente. È probabile che la giocherà fino alla fine.