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Strutture ricettive, c’è voglia di ripartire

In questa fase di progressiva riapertura delle attività economiche, anche nei settori turistico e culturale, tante restano le incognite. Sospesi per il momento i campi estivi per bambini e ragazzi, dal centro evangelico battista di Rocca di Papa alle varie strutture che fanno capo alla Csd – Diaconia valdese, ci si interroga su quando effettivamente si riuscirà a riaprire, in quanto, come ci spiega da Firenze Daniele Del Priore, direttore dell’Area accoglienza della Csd, «la questione non è soltanto l’autorizzazione governativa o la possibilità di muoversi da una regione all’altra, ma c’è da considerare che la fine del lockdown formale non coincide automaticamente con la fine del lockdown psicologico, le persone continueranno ad avere timore a muoversi, dovranno essere rassicurate sulla sicurezza dei luoghi. Difficile dire se l’apertura allo spostamento fra Regioni o fra Stati si tradurrà nel desiderio di andare in vacanza… probabilmente dovremo aspettare ancora».

Del Priore racconta che con l’emergenza Coronavirus le strutture aperte tutto l’anno sono state chiuse, anche quelle classificate come alberghi, che da disposizioni governative potevano restare aperti (come si sa, alcuni sono stati utilizzati come “alberghi sanitari”). Lavorando molto con i gruppi, anche dall’estero, spiega, «abbiamo ricevuto da subito molte disdette e quindi è stato necessario chiudere e mettere in cassa integrazione il personale. Le strutture stagionali, che solitamente aprono a fine marzo, sono invece rimaste chiuse. In questi casi il personale si è trovato in situazioni ancora più difficili, molti lavorano da noi da tanti anni e sono rimasti “fermi” con ammortizzatori sociali minori rispetto a chi ha potuto accedere al fondo di integrazione salariale».

Di fatto tutte le strutture sono chiuse ed è difficile capire quando potranno veramente riaprire, considerando che con un numero troppo basso di prenotazioni i costi non sarebbero sostenibili. Nel frattempo, però, le strutture si stanno preparando (spiega il direttore) «mettendo in sicurezza i lavoratori, fra loro e nel rapporto con gli ospiti, e pensando anche alla sicurezza nelle interazioni fra ospiti. Oltre al distanziamento fra i tavoli nelle sale da pranzo, ci scontriamo con i limiti fisici di alcune strutture, per esempio dove ci sono stanze grandi in cui possono dormire persone non appartenenti allo stesso nucleo familiare, e bisognerà capire come gestire questo aspetto… La volontà è di aprire al più presto, in sicurezza per tutti, ma la situazione è ancora molto fluida, e cambia velocemente. Noi cerchiamo di lavorare per essere pronti al momento della riapertura».

Oltretutto, le varie strutture che fanno capo alla Diaconia valdese sono molto diverse fra loro, così come lo sono i contesti in cui si trovano, osserva Dal Priore: «città d’arte, mare e montagna-campagna. Prevediamo che ci sarà un maggiore interesse per gli ambienti naturali e l’aria aperta, forse meno per le città (anche perché dipende dall’effettiva fruibilità di musei e luoghi di cultura), anche se devo dire, vivendo a Firenze, che in questo momento le città d’arte hanno una bellezza che non abbiamo mai visto, vederle così vuote paradossalmente fa emergere scorci inimmaginabili».

Per quanto riguarda l’aspetto dei campi estivi, dal momento che non sarà possibile realizzarli nelle forme tradizionali, si stanno pensando soluzioni alternative. Spiega ancora Daniele Del Priore: «I campi strutturati come colonie per ragazzi e ragazze hanno luogo soprattutto a Vallecrosia e Casa Cares, ma anche nelle altre strutture ospitiamo scolaresche, gruppi per attività con i più giovani: ovviamente in questo momento è tutto fermo, ma la nostra idea è di aprire anche a gruppi di minori ospitati nelle altre strutture della Csd, favorire quindi i “bisogni interni”, e al tempo stesso stiamo cercando di organizzare delle offerte rivolte alle persone delle nostre chiese, famiglie o gruppi, e dei “campi famiglie”, che prevedano accanto alla dimensione della vacanza anche incontri tematici e attività di gruppo. Queste sono per il momento solo idee abbozzate, anche perché non c’è la possibilità di stabilire delle date».

Guardando al futuro, l’unica certezza è che il modo di “fare turismo” cambierà, e che bisogna progettare sul lungo periodo: «Si pensa che stiamo mettendo in piedi una risposta a una situazione temporanea, in realtà dobbiamo entrare nell’ottica di una convivenza con questo virus, che sarà lunga, e per questo come Case valdesi stiamo facendo degli investimenti a lungo termine, tenendo conto che in una prima fase ripartirà il cosiddetto “turismo di prossimità”, dalle regioni limitrofe, e solo dopo dall’estero, anche perché la dinamica dei contagi e la conseguente regolamentazione dei viaggi all’estero sono molto diverse da Paese a Paese… quel che è certo – conclude Del Priore – è che la ricaduta economica sul settore del turismo sarà molto pesante, se tutto va bene si tornerà a una certa normalità il prossimo anno, ecco quindi l’importanza di attrezzarsi pensando a tempi lunghi: ci sarà un nuovo modo di fare vacanza, di stare con gli altri… Questo ha un certo peso, per strutture come le nostre, che accolgono “ospiti” e non “clienti”, con cui interagire, relazionarsi, pensiamo al concetto di “distanziamento sociale” (che tra parentesi viene usato in modo errato al posto di “distanziamento fisico”). Quello che cerchiamo di offrire non sono delle celle dove gli ospiti stiano separati gli uni dagli altri, ma dei luoghi in cui la relazione sia centrale: ovviamente dovremo imparare a farlo in maniere differenti da quelle a cui eravamo abituati…».