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Prendersi cura dei deboli

Il giusto prende conoscenza della causa dei deboli
Proverbi 29, 7

Dio infatti non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e l’amore che avete dimostrato per il suo nome con i servizi che avete resi e che rendete tuttora ai santi 
Ebrei 6, 10

Cosa significa “prendere conoscenza della causa dei deboli”? E chi sono i deboli? Sono i poveri e tutti coloro che non hanno la possibilità di far valere i loro diritti.

Prendere conoscenza della causa dei deboli è soltanto il primo passo; una volta che il giusto avrà preso conoscenza della causa dei deboli agirà per difenderli. Proprio come un avvocato che in tribunale difende una persona povera, indifesa, che ha subito un’ingiustizia. Questo concetto di difendere la causa dell’oppresso ricorre molto spesso nella Bibbia ebraica: lo incontriamo nei salmi, nei profeti. Un esempio per tutti: “Cercate la giustizia, rialzate l’oppresso, fate giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova!” (Isaia 1, 17).

Nel Nuovo Testamento il capitolo 25 del vangelo di Matteo indica il comportamento che Gesù si aspetta dai suoi seguaci nei confronti dei poveri, dei carcerati, degli stranieri.

Come credenti siamo chiamati e chiamate a prenderci cura dei deboli e a difendere la loro causa. Prenderci cura: lo facciamo sia attraverso istituzioni come la Commissione sinodale per la diaconia (Csd), sia con l’impegno diaconale delle singole chiese. In questo periodo, in cui è aumentato il numero delle persone bisognose, il lavoro diaconale è ancora più importante ed è stato intensificato. Perché il nostro essere credenti si esprime in due ambiti diversi: all’interno della chiesa, con il culto, la preghiera, lo studio biblico e le attività comunitarie. All’esterno, prendendo in carico le necessità dei poveri. Poiché il numero dei poveri è aumentato, le chiese sono chiamate a spendere più risorse per queste accresciute necessità. Ciò comporta un maggior impegno finanziario di tutti i membri di chiesa.

Ma siamo chiamati anche a difendere la causa dei deboli: prendendo posizione sempre, e con forza, ogni volta che i poveri, i deboli, sono sfruttati o ignorati dalla società, dalle istituzioni.

Tutto questo però lo facciamo senza farcene un vanto: perché siamo, e restiamo comunque, dei “servitori inutili” (Luca 17, 10).