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Regolarizzare gli invisibili

Il 13 maggio il governo ha presentato le misure principali del cosiddetto “decreto rilancio”. Tra queste anche una procedura per la regolarizzazione di migranti irregolari che vivono in Italia, una proposta che ha segnato anche degli scontri all’interno della stessa maggioranza oltre che con le opposizioni. Lasciando da parte il confronto politico, restano alcuni passaggi non chiari di questa misura.

Innanzitutto, la platea a cui è rivolta. La regolarizzazione riguarda infatti le persone straniere che in qualche modo erano sono regolari o lo sono state in passato. Per dimostrare questo fatto sarà loro necessario documentare di essere state fotosegnalate, cosa che prova in ogni caso un contatto con la pubblica amministrazione. La fotosegnalazione infatti viene praticata nel momento in cui una persona viene fatta soggetto di una procedura di espulsione o quando richiede un permesso di soggiorno. La stragrande maggioranza di coloro che probabilmente faranno domanda di regolarizzazione appartiene a questa seconda casistica, pensiamo ad esempio ai richiedenti asilo.

La misura prevede però un’alternativa al fotosegnalamento, cioè la dichiarazione di presenza, necessaria e alternativa al permesso di soggiorno nel caso di visti turistici. Nel momento in cui una persona giunge in Italia con un permesso turistico, sarebbe tenuta per legge a presentare il modulo della dichiarazione di presenza entro tre giorni dal suo arrivo, cosa che però raramente accade. Questa è la situazione di molte donne dell’Europa dell’est impiegate in Italia come collaboratrici domestiche o che svolgono attività di assistenza alla persona sempre in ambito domestico. 

«Chi ha questi requisiti ha due possibilità, o il datore di lavoro propone un contratto di lavoro nuovo a partire da oggi o può denunciare un rapporto di lavoro in nero precedente alla misura ma ancora in corso. A queste condizioni, chi aveva un lavoro in passato non può accedere», spiega Nazzarena Zorzella, avvocata e membro della redazione Rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). «La maggior parte delle persone coinvolte chiederanno di fare un contratto oggi, senza denunciare un lavoro pregresso perché ciò li esporrebbe al rischio di ricevere sanzioni penali e amministrative nel caso in cui la domanda di regolarizzazione venisse respinta».

C’è anche una terza casistica, quella che riguarda coloro che hanno il permesso di soggiorno scaduto dal 31 ottobre 2019. In questo caso si potrà avere un permesso di soggiorno valido in Italia della durata di sei mesi, ma sarà necessario dimostrare di avere avuto un lavoro prima di quella data in uno dei tre settori coinvolti.

Ci sono quindi dei dubbi sulla chiarezza dei requisiti soggettivi richiesti. Nazzarena Zorzella sottolinea però incertezze anche riguardo il permesso che sarà conferito a chi farà domanda: «Possiamo dedurre per ragionamento logico che il permesso sarà per lavoro, ma questo non è specificato nella norma».

Ritornando alla platea di coloro che verranno interessati da una possibile regolarizzazione, la Ministra delle politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha espresso come, grazie a questa misura, «Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili». Ci sono però dei dubbi anche su questo. «Gli invisibili sono coloro che non hanno mai avuto contatti con forze di polizia, con la pubblica amministrazione e non hanno mai avuto permesso di soggiorno», spiega Nazzarena Zorzella. 

Invisibili quindi all’intera società, spesso costretti a vite in condizioni degradanti e a condizioni di lavoro che sarebbe riduttivo descrivere come precarie. Per gli invisibili non c’è ancora spazio per una regolarizzazione, per tornare ad essere visibili.