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La rete di ospedali Cevaa e le buone pratiche contro il Covid-19

La dottoressa Mathilde Guidimti Andet, responsabile del progetto sanitario di Cevaa (la Comunità di chiese in missione), e Anne-Sophie Macor, responsabile amministrativo nell’ambito del progetto Solidarité Santé, che ha messo in rete una decina di ospedali in Africa e i due ospedali evangelici in Italia (a Genova e a Napoli), sostenuto dai fondi dell’otto per mille valdese, hanno chiarito la situazione sanitaria in Africa in questi tempi di pandemia. La loro esperienza nel collegamento fra le strutture sanitarie confessionali è stata preziosa. La trasmissione di buone pratiche e la diffusione di una comunicazione semplice ed efficace sono parti integranti della strategia anti Covid-19

Ritenete che il progetto Solidarité-Santé riesca a svolgere un ruolo anche nella lotta contro Covid-19?

Dott. Mathilde Guidimti Andet: Il progetto mira a migliorare l’offerta sanitaria, rafforzare la diaconia sociale e rendere visibile il lavoro delle strutture mediche confessionali di alcune chiese membro della Cevaa unite in rete. Questi ospedali sono parte integrante delle strutture sanitarie dei loro rispettivi paesi, implementano la politica sanitaria dei loro Stati. Poiché la salute è un’esigenza universale, le raccomandazioni sanitarie sono le stesse ovunque.

Le strutture sanitarie coinvolte nel progetto che istituiscono servizi di assistenza di qualità accolgono i pazienti con varie patologie secondo le direttive delle autorità, e sono ora chiamate a combattere quindi anche contro il Covid-19 come le altre strutture pubbliche degli Stati. La strategia sviluppata è quella della sensibilizzazione: con campagne via radio, manifesti per il grande pubblico, incontri educativi.

Alcuni operatori sanitari sono coinvolti nel monitoraggio delle persone che risultano positive ma non mostrano segni di malattia o di quelle poste in quarantena.

Anne-Sophie Macor: Sì, il progetto Solidarité Santé è fortemente coinvolto nella lotta contro il Covid-19, dato che i suoi ospedali sono in prima linea per sensibilizzare e prevenire i rischi. E come ha detto Mathilde, gli ospedali sono stati in grado di redigere un certo numero di istruzioni per le buone pratiche.

In che modo gli ospedali hanno collaborato con le popolazioni per attuare le buone pratiche?

Dott.saa Andet: Le strutture sanitarie per la maggior parte situate in aree semi-urbane svolgono un lavoro di qualità, ma la loro piattaforma tecnica rimane debole, solo un ospedale su dieci ha un servizio di rianimazione che soddisfa gli standard. Pertanto la loro azione sarà focalizzata sulla prevenzione dell’infezione da Coronavirus. È un discorso educativo che consiste nell’informare la popolazione in merito al virus, al suo modo di trasmissione, alla sua possibile gestione e infine alla sua virulenza, da cui la necessità di porre attenzione a rispettare le misure di barriera e soprattutto a lavarsi le mani più volte al giorno. Queste sessioni si svolgono in ospedale la mattina presto prima dell’inizio delle consultazioni o in una strategia avanzata, vale a dire che gli agenti escono per incontrare la popolazione e renderla consapevole dell’infezione. 

Va notato che i servizi radio delle chiese hanno ampiamente contribuito a diffondere i messaggi di sensibilizzazione che sono seguiti dai fedeli; i cappellani accompagnano lo staff, i malati e i loro congiunti durante questo periodo difficile, chiedendo loro di mantenere la fede.

Macor: Sulla collaborazione con le popolazioni, è opportuno specificare che, nel funzionamento degli ospedali del progetto Solidarité Santé, tutti hanno una componente comunitaria, il che significa che normalmente partecipano già a varie campagne di sensibilizzazione (salute materna e infantile, la vaccinazione …). L’epidemia ha rafforzato l’approccio utilizzato già da questi ospedali.

Qual è stato il suo ruolo nella collaborazione tra gli stabilimenti?

Dottoressa Andet: In qualità di project manager del progetto, il mio ruolo è coordinare questa dinamica di sensibilizzazione, condividere le azioni che si svolgono all’interno della rete di professionisti della salute in modo che tutti possano beneficiare delle competenze, realizzare il follow-up di queste attività al fine di realizzare un programma di attività di trasmissione delle conoscenze, aggiornando laddove necessario tutto ciò che serve.

Macor: La responsabilità della collaborazione con gli ospedali è affidata al responsabile del progetto sanitario, dott.ssa Guidimti. Il mio ruolo è amministrativo e come tale si è limitato al favorire i contatti e lo scambio di di informazioni tra il project manager e l’amministratore del sito dedicato al progettoSolidarité Santé, che raccoglie tutte le informazioni utili da diffondere alle cittadinanze.

Il progetto Solidarité Santé, avviato fra 2015 e 2016 e finanziato dai fondi otto per mille dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi in Italia, vuole migliorare ed emancipare le diverse strutture ospedaliere gestite dalle chiese dalla Cevaa potenziando le risorse materiali, umane e finanziarie e lo scambio di competenze. Nel progetto sono coinvolti dieci ospedali di differenti paesi africani: l’ospedale protestante di Garoua-Boulai, l’Emilie Sacker e l’ospedale di Ndoungué, tutti e tre in Camerun, la clinica Dan Moser in Ghana, ma anche l’ospedale Mbereshi in Zambia, quello di Kirinda in Rwanda, l’ospedale Bethesda in Togo, lo Scott Memorial Hospital in Lesotho, l’Hopital méthodiste di Dabou in Costa d’Avorio e la policlinica Bon Samaritain in Benin. I due ospedali evangelici in Italia collaborano a loro volta nel progetto fornendo competenze, formazione, consulenze.