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Brasile: Le popolazioni indigene sotto attacco: «Un progetto di morte»

Torna alla ribalta della cronaca, dopo l’appello del celebre fotografo  Sebastião Salgado, la situazione delle popolazioni indigene dell’Amazzonia, esposte già da decenni a una pressione ambientale legata allo sfruttamento delle risorse e, negli ultimi mesi, anche al coronavirus.

In un video, diffuso nei giorni scorsi, Salgado, che da molti anni documenta la vita delle popolazioni dell’Amazzonia, insieme a sua moglie Lélia Wanick ha lanciato un appello al governo, al congresso e alla corte suprema del Brasile per chiedere di agire per evitare il contagio delle popolazioni native. Gli indigeni amazzonici vivono in territori riservati per legge al loro uso esclusivo ma che sono invasi illegalmente da minatori, taglialegna e allevatori di bestiame, possibili portatori del virus che rischia di decimare una popolazione non organizzata contro questo tipo di epidemia.

Il Coordinamento ecumenico di servizio (Cese), un’organizzazione di chiese cristiane che lavora in Brasile da 46 anni con l’obiettivo di rafforzare le organizzazioni della società civile, riporta sul suo sito un appello che va nella stessa direzione e ricorda che, in concomitanza con la pandemia, la violenza contro le popolazioni indigene non fa che aumentare. 

Nella nota del Cese sono riportate le parole di Sonia Bone Guajajara (coordinatrice esecutiva dell’Apib – Articolazione dei Popoli Indigeni del Brasile), che sottolinea che la mancanza di demarcazione dei territori, in un momento di pandemia, rende le popolazioni indigene ancora più vulnerabili: “non solo siamo esposti al coronavirus, ma minatori e taglialegna continuano a violare i nostri diritti e distruggere il nostro ambiente. Abbiamo bisogno di politiche di prevenzione, di aiuti umanitari e di efficaci politiche di protezione ambientale per prevenire le invasioni, che sono fonti costanti di contaminazione e di malattie per i nostri territori”. 

Rispetto al Covid-19, Guajajara sottolinea le urgenti necessità che devono essere adottate nei territori indigeni e chiede al Segretariato Speciale per la Salute degli Indigeni (Sesai) di adottare immediatamente i criteri per prevenire il contagio della comunità, mettere a disposizione test rapidi sufficienti per testare le popolazioni indigene, fornire assistenza a tutti gli indigeni, indipendentemente da dove vivono, costruire ospedali da campo per l’assistenza esclusiva delle popolazioni indigene in Amazzonia.

Tra il 27 e il 30 aprile, gli indigeni di tutto il Brasile hanno partecipato all’Acampamento Terra Livre (Atl), organizzato da Apib in modalità virtuale e hanno redatto un documento in cui analizzano l’attacco che le popolazioni indigene stanno affrontando in Brasile e inviano una serie di richieste allo Stato brasiliano. 

Gli indigeni hanno denunciato la politica dell’attuale presidente Jair Bolsonaro rispetto alla sua volontà di rivedere le demarcazioni che delimitano i territori indigeni e hanno dichiarato che il governo di Bolsonaro «asservito agli interessi economici nazionali e al capitale internazionale, vuole limitare i nostri diritti, soprattutto territoriali, favorendo l’avanzamento di pratiche illegali sulle nostre terre» come il disboscamento per poter impiantare allevamenti di bestiame e agricoltura intensiva e monocolture, e dare concessioni a grandi imprese minerarie e imprese di infrastrutture per impianti idroelettrici, linee di trasmissione e strade. 

«Tutti questi atti illeciti e incostituzionali – dicono gli indigeni – costituiscono un progetto di morte per i nostri popoli. Esse implicano la distruzione delle nostre foreste, dei nostri fiumi, della biodiversità, delle nostre fonti di vita, in breve, della Natura, della Madre Terra; un patrimonio che è stato conservato per migliaia di anni dai nostri popoli e che ancora oggi contribuisce strategicamente alla conservazione dell’equilibrio ecologico e climatico e al benessere dell’umanità, fornendo importanti servizi ambientali al pianeta».