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Quando un nome ti rende libera

Il tempo cristallizzato delle ultime settimane ha rilasciato una crepa di stupore e preoccupazione mondiale alla notizia, mai ufficiale, della scomparsa dagli schermi del leader politico nordcoreano Kim Jong-un. A detta delle informazioni circolate, le complicazioni nate durante un’importante operazione chirurgica hanno messi in crisi la salute di Kim Jong-un, scomparso letteralmente dagli schermi e dagli eventi ufficiali. Terzogenito di Kim Jong-il, ha iniziato a guidare il paese dal 2011, succedendo al padre nella carica di guida suprema della Repubblica Popolare Democratica di Corea. Giornate di rumors e di dichiarazioni rimbalzate tra i vari magazine internazionali, sono state in grado di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dall’emergenza sanitaria globale. Quale potrebbe essere il futuro della nazione più censurata al mondo a seguito della morte del leader? Come sta reagendo alle complicazioni di salute del suo leader un governo come quello nordcoreano che non ammette sconfitte? Quali sono le verità taciute da una dittatura efferata e misteriosa? Domande svanite nel vento all’apparizione di Kim Jong-un all’inaugurazione di una fabbrica di fertilizzanti nello Stato pochi giorni fa.

«Lasciare la Corea del Nord non è come lasciare un qualsiasi altro paese. E’ come lasciare un altro universo. Per quanto possa spingermi lontano, non sarò mai del tutto libera dalla sua forza di gravità». 
Hyeonseo Lee (Hyesan, 1980) ha vissuto un’adolescenza diversa da quella di molti altri. Nel 1997 nel bel mezzo della terribile carestia che ha colpito il suo paese già martoriato decide di voler aprire gli occhi. Una scelta, racconta nelle interviste, difficilissima. Crescere in Corea del Nord significa venire educati all’idea che il proprio Paese più fortunato e ricco al mondo. Essere sudditi della Repubblica Popolare Democratica di Corea significa essere nati sotto una buona stella. Una favola terribile che per Lee ha smesso di avere un senso il giorno in cui davanti a cataste di esseri umani sfiniti dalla fame, un uomo che ancora respira finisce nel mucchio destinato a una fossa comune.

La famiglia di Hyeonseo Lee vive la carestia, le privazioni di una dittatura senza scrupoli e l’indigenza nel silenzio e nella sottomissione. L’unico spiraglio di speranza è la loro abitazione, attaccata alla frontiera con la Cina. Dalle pubblicità viste di nascosto, trasmesse dalla televisione cinese, Lee scopre l’immaginazione e vuole raggiungerla. «Volevo vedere se tutto quel ben di Dio esisteva veramente, se c’era un mondo come quello, se non era solo una fantasia. Perché significava che il mio [mondo] era esattamente l’opposto di quanto avevo creduto fino ad allora». Con il desiderio di rompere i confini, andare addosso alla libertà.

La ragazza dai sette nomi (Mondadori, 2015) è la storia del un viaggio di una ragazzina di 17 anni che vuole capire se quello che vede dentro a uno schermo è vero o no. La ricerca di risposte giganti attraverso ostacoli che raccontano di confini, dolore e coraggio. Lee si troverà a cambiare luoghi, vita e anche nome tante volte; ogni volta in cui si avvicinerà sempre di più alla libertà, il nome con cui si presenta al mondo sarà diverso da quello con cui è nata ma sempre più vicino a quello che è destinata ad essere. Un’esperienza iniziata con l’attraversamento di un fiume, una storia dai toni epici che acquista sfumature thriller più il viaggio della giovane protagonista diventa tortuoso e assurdo senza mai smettere di essere reale.

«Io, però, semplicemente non posso tornare. Posso sognare la libertà nella Corea del Nord, ma so che a quasi settant’anni dalla sua nascita il mio paese resta chiuso e crudele come sempre». Parole dure, quelle di Lee che oggi, a Seoul dove vive col suo compagno di origini americane, vive in libertà ed è un’attivista per i diritti umani degli esuli nordcoreani. Una storia utile per non dimenticare i volti e i mandanti di una storia contemporanea. Di un dolore che affligge un’intera nazione di cui troppo poco sappiamo a cui non possiamo restare indifferenti.

La ragazza dai sette nomi, Hyeonseo Lee e David John, Mondadori, 2015, 350 p, 15 euro