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La montagna e il virus

Tutto il settore turistico-ricettivo sta attraversando un periodo di grande difficoltà legata al Covid-19; le strutture, come anche ristoranti e agriturismi, sono stati chiusi dal 9 marzo e, a parte la possibilità di produrre cibo da asporto, l’orizzonte per una riapertura è quello del 1° giugno.

A quali condizioni? Con quali accortezze? Se ne parla da giorni ma non sono ancora presenti documenti ufficiali. Probabilmente ci sarà una verifica al 18 maggio, cioè due settimane dopo l’inizio della attuale “Fase 2”.

Particolare e complessa è anche la situazione dei rifugi alpini; oggi sono di fatto chiusi anche se lentamente si stanno aprendo le possibilità di camminare in montagna, ma il mese di maggio, nel caso delle strutture non aperte per 12 mesi, è per quasi tutti il tempo della riapertura. In tempi ordinari. Ma oggi?

Pur essendo vero che possono esserci difficoltà a riaprire i rifugi, soprattutto quelli di alta quota, il Club alpino italiano si è attivato e sta lavorando per garantire l’apertura. 

Il presidente generale Vincenzo Torti ha inviato pochi giorni fa una lettera al presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte, per chiedere dei chiarimenti urgenti per una corretta applicazione del DPCM presentato il 26 aprile.

«Sin dalla adozione dei primi ed urgenti provvedimenti per fronteggiare la pandemia, il Cai e tutti i suoi Soci si sono astenuti doverosamente da qualsiasi attività in montagna, appellandosi a un senso di responsabilità personale e sociale con il motto “Le Montagne sanno aspettare”», scrive nella lettera il presidente del Cai, che sottolinea anche come, a distanza di oltre due mesi, si siano create aspettative sulla ripresa della frequentazione delle terre alte, seppur adottando le norme di sicurezza: dall’utilizzo dei dispositivi di protezione, al rispetto dei divieti di assembramento e della territorialità». Basti pensare, per esempio, al fatto che alcuni rifugi hanno anche stanze per i pernottamenti, ma molti semplici camerate.

Continua Torti: «Vogliamo tornare a prenderci cura dei rifugi e dei sentieri di montagna, perché ora “Le Montagne hanno bisogno di noi”, così come noi di loro». Il Cai vuole fare chiarezza a nome dei suoi 327.143 soci e di tutti coloro che amano e frequentano le montagne. Così, per evitare interpretazioni territorialmente difformi, con quanto ne deriverebbe, anche in termini sanzionatori, sono stati chiesti i chiarimenti su temi che vanno dalla gestione di eventuali attività ludico-motorie nei pressi dei rifugi, ma anche sulla ristorazione e sui posti letto e perfino sulla manutenzione dei sentieri, che ogni anno vede impegnati migliaia di volontari Cai. 

Foto: Rifugio Bessone al Lago Verde