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Siria. Un’agonia senza fine

«In Siria c’è forte il pericolo di una rapida diffusione del coronavirus», afferma l’organizzazione umanitaria Azione contro la fame (che opera da quarant’anni in cinquanta Paesi con programmi salvavita con interventi di nutrizione, acqua e igiene, sicurezza alimentare).

Una previsione realistica che parte da dati concreti e rilevati. Dati, dice l’organizzazione umanitaria «che non lasciano spazio a interpretazioni: sette operatori sanitari su dieci hanno lasciato il Paese dal 2011; 59 su 111 sono gli ospedali continuano a operare, sprovvisti però di forniture mediche sufficienti. E questo per via anche delle sanzioni; meno di 500, infine, sono le unità di terapia intensiva dotate di ventilatori all’interno dei nosocomi pubblici».

Nel Paese, inoltre, «sono 11 milioni le persone che già necessitano di aiuti umanitari e 4,5 – di queste – ne hanno un disperato bisogno. Sei milioni sono invece gli sfollati interni e i rifugiati». 

Le restrizioni ai movimenti imposte il 14 marzo scorso per il contenimento al Covid-19, poi «stanno ostacolando le attività umanitarie» di molte associazioni umanitarie e «dalle quali milioni di persone oggi dipendono».

Provvedimenti, denuncia Azione contro la fame, «che rischiano di colpire duramente una popolazione già allo stremo dopo oltre nove anni di conflitto e il cui sostentamento dipende oggi dalla piccola impresa. Il Paese, peraltro, sta registrando un’inflazione elevata e ha subito una svalutazione del 50% nella sua valuta rispetto a un anno fa».

Come se non bastasse, solo ieri, è uscito un altro Rapporto che lancia un’altra drammatica verità: il cosiddetto stato islamico (Is) avrebbe usato una gola nel Nord-Est siriano come «discarica» per i corpi delle persone che aveva rapito e detenuto. 

Human Rights Watch (Hrw) lo ha denunciato nel Rapporto presentato solo ieri. 

L’indagine dell’Organizzazione umanitaria è stata effettuata con un volo di droni nella gola. L’Isis, afferma il testo, «ha controllato il territorio attorno alla Gola di al-Hota – 85 chilometri a Nord della città di Raqqa – dal 2013 al 2015. In Siria sono state rinvenute più di 20 fosse comuni contenenti migliaia di corpi in aree precedentemente detenute dal gruppo armato». 

Una indagine, quella di Human Rights Watch sulla gola di al-Hota che è stata realizzata anche con interviste a residenti locali, appurata grazie a dei video registrati dall’Isis e grazie all’analisi di immagini satellitari e del drone nella gola, profonda 50 metri. 

Nel frattempo, come ricordava Marco Magnano su queste pagine pochi giorni fa, «il 23 aprile a Koblenz in Germania ha preso avvio il primo processo per crimini contro l’umanità contro due funzionari del governo siriano, accusati di aver commesso torture su larga scala nei primi mesi della guerra in Siria, iniziata nel marzo del 2011». Un processo considerato particolarmente importante perché sino a ora i tentativi di processare membri del regime siriano «erano stati rivolti verso funzionari di alto livello rimasti in Siria o contro soldati semplici del regime di Assad. Questa volta – afferma Magnano –, uno dei due accusati è Anwar Raslan, ex colonnello dell’intelligence, il primo funzionario di alto grado a essere incriminato per crimini così gravi».