640px-dettaglio_duomo_orvieto2

Un’immagine di Dio svincolata dal modello patriarcale

«Che Dio sia fragile proprio perché è Amore, è l’unica metafora o mito che lo salva dall’assedio del male e della colpa: ma allora noi siamo responsabili di Dio, della sua immagine in noi e in tutto ciò che ha vita, se così si può dire». Mi piace iniziare con questa citazione tratta dalla postfazione di Paolo De Benedetti a un testo di Paul Ricoeur (Il male. Una sfida alla filosofia e alla teologia, Morcelliana, 1993) e riportata in una nota del saggio di Carlo Bolpin che fa parte di Non sono la costola di nessuno. Letture sul peccato di Eva* (Gabrielli Editore, 2019), il bel libro curato da Paola Cavallari qui oggetto di analisi.

Perché la citazione? Proprio per sottolineare quello che rappresenta il fine del testo, smascherare le false interpretazioni della Bibbia, e in particolare dei versetti di Genesi che trattano della creazione dell’essere umano e della successiva cacciata dal Giardino dell’Eden, che hanno visto per secoli nella Parola di Dio l’origine di un ordine naturale, quindi ontologico, che privilegiava l’uomo, il maschio, e discriminava la donna riducendola a oggetto di disprezzo e di subordinazione.

Infatti anche l’immagine di Dio è stata distorta per essere adeguata al modello patriarcale dominante in ambito giudeocristiano costruito su un androcentrismo radicale. Ed è importante che tre dei sei saggi che compongono il libro siano curati da studiosi uomini (maschi), perché che le donne propongano una nuova visione dei testi biblici dovrebbe, essendo parte in causa, rientrare nell’ordine naturale di una corretta ermeneutica ed esegesi. Per quanto questa “coscientizzazione” femminile non sia stato un percorso scontato, bensì faticoso verso una concreta emancipazione segnata da una legittima “disobbedienza”. Ma è proprio da parte maschile che deve giungere una messa in discussione di quei cardini culturali e valoriali che hanno fondato una società, e la sua conseguente visione del mondo, da cui dipenda una umanizzazione di se stessi che conduca alla decostruzione del “maschile universale” entro cui l’immagine di Dio per secoli è stata fatta rientrare.

Tutti i saggi presenti convergono verso una lettura più “scientifica” e aliena da stereotipi il cui altro merito è di offrire un orizzonte trasversale: sono infatti presenti contributi provenienti dal cristianesimo della Riforma (Lidia Maggi, Letizia Tomassone, Paolo Ricca), dal cristianesimo cattolico (Paola Cavallari, Lilia Sebastiani, Carlo Bolpin) e dalla tradizione ebraica (Giampaolo Anderlini, Brunetto Salvarani, studiosi comunque non ebrei). Il risultato è un quadro in cui libertà e uguaglianza sono le parole fondanti di una nuova visione della relazione uomo-donna che riporta all’indispensabilità l’uno dell’altra affinché sia data e realizzata una piena umanità. Una relazione che non appiattisce i due protagonisti, ma che ne valorizza le diversità non tuttavia in quell’ottica di complementarietà troppo spesso esaltante il presunto “genio femminile”, madre e moglie, angelo del focolare domestico che ha permesso di giustificare ulteriormente il modello patriarcale androcentrico.

Da questa nuova visione al “femminile” discende una rinnovata visione del corpo e conseguentemente della sessualità, aspetti umani non più etichettati come radici del male entro quella cornice sessuofoba di matrice agostiniana che ha contraddistinto per lungo tempo il pensiero delle chiese. In questa rivalutazione si esprime la bellezza della vita vista nella sua totalità come creazione di un Dio che, per ritornare alle parole iniziali, è fragile proprio perché Amore. E nella sua fragilità ha voluto incarnarsi nell’essere umano: uomo e donna.

* P. Cavallari (a c. di), Non sono la costola di nessuno. Verona, Gabrielli Editore, 2020, pp. 186, euro 16,00.