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In Germania il processo per crimini contro l’umanità commessi in Siria

È cominciato giovedì 23 aprile, a Koblenz, in Germania, il primo processo per crimini contro l’umanità contro due funzionari del governo siriano, accusati di aver commesso torture su larga scala nei primi mesi della guerra in Siria, iniziata nel marzo del 2011.

È considerato particolarmente importante perché finora i tentativi di processare membri del regime siriano si erano rivolti verso funzionari di alto livello rimasti in Siria, o contro soldati semplici del regime di Assad. Questa volta, invece, uno dei due accusati è particolarmente rilevante. Si tratta di Anwar Raslan, ex colonnello dell’intelligence, il primo funzionario di alto grado a essere incriminato per crimini così gravi.

A quanto si sa, Raslan era ai vertici della Sezione 251 dell’Idarat al-Mukhabarat al-Amma, ovvero la divisione interna del Direttorato generale d’Intelligence, responsabile quindi delle questioni di sicurezza a Damasco. Anche il secondo accusato, Eyad al Gharib, lavorava nella Sezione 251, ma a un livello inferiore.

Secondo i documenti dell’accusa, sotto la guida di Raslan, e con il contributo di Al Gharib, furono almeno 4.000 i prigionieri torturati nel periodo compreso tra aprile 2011 e settembre 2012, e 58 le persone uccise a causa di stupri, percosse e violenze di vario genere. Naturalmente, è impossibile risalire oggi a documentazione ufficiale di atti che molto spesso non lasciano traccia nelle cancellerie. Tuttavia, i segni più profondi della guerra siriana sono scavati sulle persone, e proprio su di loro ci si è basati per costruire l’impianto del processo. Le testimonianze sono molte, principalmente di persone che arrivarono in Europa, e in Germania in particolare, come rifugiati. Tra di loro, sedici testimoni sono supportati dall’Ecchr, il centro europeo per i diritti costituzionali e umani con sede a Berlino, e nove tra questi sono querelanti nei confronti di Raslan.

In un’intervista al giornale tedesco Deutsche Welle, il direttore del Centro, Wolfgang Kaleck, ritiene che le prove testimoniali siano utili in un contesto come quello siriano, dove «non esiste uno Stato di diritto, ma il Paese funziona secondo determinate regole», quindi «quando qualcuno ha una certa funzione», allora «possiamo ritenerlo responsabile in una certa misura».

Anwar al-Bunni, un avvocato siriano per i diritti umani, che tra il 2005 e il 2010 fu incarcerato a causa del suo lavoro, sottolinea l’importanza del processo perché Raslan «non era una rotella nell’ingranaggio, ma un motore dell’apparato».

Le autorità tedesche indagano sin dal 2011 sui crimini commessi in Siria, e finora sono state avviate 20 indagini preliminari su alti funzionari dell’apparato siriano. Tuttavia, questa è la prima volta in tutto il mondo che persone al vertice del sistema politico e militare siriano affrontano un processo con l’accusa di crimini contro l’umanità, un fatto reso possibile dal Codice tedesco per i crimini contro il diritto internazionale, entrato in vigore nel giugno 2002. Questo codice include il principio della “giurisdizione universale”, che consente ai tribunali tedeschi di perseguire i crimini contro il diritto internazionale anche se non sono stati commessi in Germania e né l’autore né la vittima sono tedeschi.

Eppure, non mancano le complicazioni. Il processo contro i due funzionari siriani, infatti, sta facendo discutere soprattutto per la vicenda di Raslan.

Il principale imputato, infatti, ha avuto una carriera di primo piano nell’apparato di sicurezza siriano, ma alla fine del 2012 aveva deciso di disertare e di fuggire dal Paese con la sua famiglia, diventando consigliere della resistenza siriana e assumendo un ruolo di primo piano nell’opposizione. Poi, nell’estate del 2014, era venuto in Germania con la sua famiglia, aveva ottenuto l’asilo politico e, temendo di essere spiato dal servizio di intelligence siriano, si era rivolto alla polizia per ottenere protezione. Tuttavia, una volta interrogato in modo approfondito, è stato arrestato nel febbraio del 2019. E qui si torna al processo cominciato il 23 aprile. Il timore, infatti, è che processare figure come Raslan possa dissuadere altri funzionari del sistema politico e militare siriano a offrirsi come testimoni per poter arrivare ai vertici della politica del Paese, fino allo stesso Bashar al-Assad.

In ogni caso, ci si aspetta molto da questo processo, che da un lato ha lo scopo di far luce sui crimini commessi nel contesto della struttura di potere siriana, ma ancora di più a fornire una migliore comprensione generale del sistema siriano, costruendo precedenti e prove che, secondo un portavoce della Procura federale, potranno essere utilizzate per i decenni a venire».