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Covid-19: una riflessione protestante

La Commissione bioetica delle chiese battiste, metodiste e valdesi ha prodotto un documento relativo all’emergenza epidemica ancora in corso e alle ricadute, principalmente di carattere sanitario, da essa determinate. Il documento intitolato “Emergenza Covid-19 e criteri di accesso alle terapie. Una riflessione protestante” affronta, in maniera particolare, il tema della difficoltà di accesso alle terapie intensive, in una situazione di emergenza pandemica. Considerando il dibattito suscitato dal documento della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva propone una serie di considerazioni sui criteri fondamentali che entrano in gioco in una situazione di risorse sanitarie limitate.

Il documento rappresenta uno strumento di informazione e riflessione per le chiese su un tema attuale ed eticamente rilevante.

In esso si mette in luce come le questioni più urgenti sollevate dall’attuale emergenza pandemica riguardino i criteri di accesso alle terapie intensive in situazione di eccezionale scarsità di risorse, i costi e i benefici delle misure di lockdown ma anche il modo in cui oggi, in Italia e nel mondo, si muore. Ovviamente, esistono molti altri problemi più a lungo termine su cui è urgente sviluppare una riflessione approfondita; tra questi non si devono dimenticare i criteri di giustizia distributiva delle misure di ripartenza e la questione del bilanciamento tra valori rilevanti e costituzionalmente garantiti come la difesa della vita e quella della privacy.

Nel testo è sviluppata una riflessione che risponde ad alcune esigenze di fondo. In primo luogo, prendere sul serio le difficoltà dell’attuale situazione, senza far finta che il problema dei criteri di accesso alle terapie intensive non sia esistito in alcune regioni d’Italia particolarmente colpite dalla pandemia. In secondo luogo, ricordare l’inaccettabilità dell’esclusione aprioristica di determinate categorie di persone dalla possibilità di essere curate. Se scelta deve esserci, questa deve andare nella direzione di privilegiare coloro che hanno maggiore speranza di guarigione; in tal senso, l’età è solo uno dei parametri che entrano all’interno di un giudizio clinico complessivo che decide dell’opportunità o meno di ricevere determinati trattamenti sanitari. Con tutta evidenza, l’eventuale esclusione dalle terapie intensive non deve comportare l’abbandono terapeutico del paziente che ha diritto, comunque e sempre, a essere assistito tramite un programma efficiente di cure palliative.  

In una situazione di confusione generalizzata, sia a livello politico sia a livello intellettuale, le chiese hanno il compito di riflettere in modo pacato e approfondito sul significato dell’attuale sospensione dell’ordine della vita sociale e individuale a cui l’Occidente è poco abituato. Riportare la speranza e la fiducia nel futuro significa innanzitutto fare i conti in modo onesto ed equilibrato con gli squilibri e le disuguaglianze che affliggono il presente e non abdicare al ruolo di sentinelle, anche rispetto ai problemi che si manifestano e alle soluzioni suggerite in una situazione di emergenza.

Tratto da www.chiesavaldese.org