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I migranti, gli sbarchi, i nuovi morti e la politica…

«Gli italiani chiusi in casa e i clandestini liberi di sbarcare». Con questo tweet «sibillino» il capo della Lega, Matteo Salvini, prova a mettere di nuovo «“in pista” un vecchio adagio, che ha fatto compagnia alla sua avventura da Ministro dell’interno e alle sue molteplici e recenti campagne elettorali», ricorda la giornalista Graziella Di Mambro sul sito Articolo 21 e prosegue, «l’occasione “ghiotta” è stata la ripresa di nuovi arrivi di rifugiati e richiedenti asilo, su imbarcazioni di fortuna» com’era prevedibile con l’arrivo della bella stagione, «perché, purtroppo, le condizioni dei luoghi da cui quei migranti scappano, non sono cambiate». 

Quattro, le imbarcazioni segnalate in questi giorni in cerca di aiuto. Una di queste, ricorda Frontex, si è rovesciata. 

«Il naufragio delle persone a bordo – prosegue Di Mambro – è stato ripreso da un aereo della squadra dell’emergenza europea. Nel frattempo, il capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, ha firmato un’ordinanza con cui si dispone che i migranti che arrivano sulle nostre coste, autonomamente, siano fatti salire su una nave inviata appositamente dove trascorreranno il periodo di quarantena». 

Dunque, si affronta la fase dei nuovi arrivi «con le regole del tempo del coronavirus». 

Nel frattempo il sito Analisi difesa (primo magazine online in Italia che si occupi di Difesa, così si autodefinisce la testata) afferma: «Com’era logico prevedere, proprio il giorno di Pasqua, si è conclusa positivamente, e con perfetto tempismo, la vicenda della nave “Alan Kurdi”. Tutti ne escono soddisfatti: i migranti disperati (transitati dall’inferno libico, ma forse in parte provenienti da Paesi di origine sicuri); Ong “Sea Eye” che vede realizzati i suoi scopi; l’Italia che chiede alla Germania di esercitare giurisdizione verso la nave di propria bandiera; la Germania che ammonisce la nave a rispettare la chiusura sanitaria dei nostri porti e forse, al termine si offrirà di ricollocare parte dei migranti; la Guardia Costiera che si attiene alle decisioni del ministero dell’Interno; la Protezione Civile che provvede a noleggiare un mezzo privato in cui i migranti passeranno la quarantena fuori delle nostre acque». 

Ma è davvero così? Questa situazione delineatasi, era l’auspicio dell’appello lanciato nei giorni scorsi da sindaci e parlamentari e che chiedeva di non abbandonare in mare queste persone? 

Tutto bene dunque? 

Non sembra. La situazione appare molto difficile, anche a Lampedusa, dove negli ultimi giorni si sono registrati diversi sbarchi e manifestate alcune nuove tensioni sociali. 

A ricordarlo è Mediterranean Hope, il Programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) che sull’Isola ha da molti anni attivato un Osservatorio sulle migrazioni. 

L’otto aprile scorso, ricorda l’Osservatorio, erano 150 le persone approdate sull’isola: «Nel primo arrivo, erano 34 tra donne e uomini; tutti poi accolti nell’hotspot e messi immediatamente in quarantena. Le persone arrivate poco dopo, invece, sono rimaste bloccate sulla banchina del porto, poi obbligate a passare la notte all’aperto». 

Proprio com’era accaduto a metà marzo, ricorda Mh: «e questo, perché la presenza di un numero di migranti già in quarantena all’interno dell’hotspot limita, di fatto, la possibilità d’accesso a chi arriva successivamente sull’isola».

E a dimostrazione dell’insostenibilità della situazione, lo scorso otto aprile «un gruppo di cittadini ha manifestato contro l’arrivo dei migranti non rispettando le direttive relative al distanziamento sociale in materia sanitaria – ricordano gli operatori Fcei –, creando di fatto un forte clima di tensione». 

«La prima preoccupazione – ha dichiarato l’operatrice Claudia Vitali, che insieme ad altri due operatori continua a garantire la presenza di Mediterranean Hope sull’isola (anche in questo periodo di emergenza) – è la tutela della salute di tutte e di tutti: degli isolani e dei migranti. Per questo – prosegue – ribadiamo che oggi l’isola non è in grado di accogliere persone per un tempo prolungato nel rispetto dei protocolli sanitari previsti dall’emergenza Covid-19» giudicando poi, «irresponsabile e inaccettabile che individui e forze politiche continuino a strumentalizzare l’attuale precaria situazione a discapito dei diritti degli stessi cittadini e delle persone migranti».

Rispetto alla chiusura dei porti, decisa dalle istituzioni italiane (che saranno chiusi fino alla fine dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Lo ha stabilito un decreto firmato il 7 aprile dai Ministeri alle Infrastrutture e Affari Esteri, insieme ai dicasteri alla Sanità e dell’Interno), Mediterranean Hope rilancia in questi giorni l’appello lanciato dal Tavolo Asilo, di cui la Fcei fa parte.

Le crisi umanitarie, colpiscono soprattutto le fasce più vulnerabili: «Gli sforzi per contenere il coronavirus sono vitali per la salute della popolazione mondiale, ma stanno anche esponendo i bambini e le bambine a maggiori rischi di violenza – compresi maltrattamenti, violenza di genere e sfruttamento sessuale”», ricorda l’Agenzia stampa Nev riportando la dichiarazione promossa dal Global Partnership to End Violence Against Children

Una rete, senza scopo di lucro, formata da diversi Paesi, dalla società civile, dalle Nazioni Unite, dalla comunità accademica e dal settore privato con lo scopo di porre fine alla violenza contro i bambini di cui fa parte anche il Consiglio ecumenico delle chiese (Cec). 

«I bambini più vulnerabili – tra cui rifugiati, migranti e bambini sfollati, privi di libertà, che vivono senza cure parentali, che vivono per strada e nei bassifondi urbani, con disabilità e che vivono in zone di conflitto – sono una preoccupazione particolare”, si legge nella dichiarazione.

Anche l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim), ricorda che in piena allerta per la pandemia «i migranti continuano a tentare la traversata del Mediterraneo, in fuga da violenze, abusi e povertà», esortando tutti gli Stati a continuare a mantenere gli obblighi internazionali e a gestire questa situazione utilizzando un approccio inclusivo e condiviso.

«Dall’inizio di aprile – prosegue l’Oim -, almeno sei imbarcazioni sono partite dalla Libia con a bordo circa 500 persone. 150 di queste persone sono state soccorse da una nave di una Ong. Sempre ad aprile, 177 migranti sono arrivati in Italia, 248 sono in Spagna. 

«Da alcune informazioni ricevute – afferma ancora – sembrerebbe che anche lungo la rotta del Mediterraneo orientale alcune imbarcazioni di migranti siano state bloccate in mare. È necessario che il diritto marittimo internazionale, e così gli obblighi in materia di diritti umani, continuino a essere rispettati anche durante l’emergenza Covid-19. La crisi dovrebbe rafforzare la nostra volontà collettiva di difendere la vita, proteggere i diritti e trovare soluzioni comuni e flessibili per le sfide che ci riguardano tutti» in un momento in cui, «molti Paesi hanno scelto di rafforzare i controlli alle loro frontiere nel tentativo di contenere la diffusione della pandemia è fondamentale che tali misure siano attuate in modo non discriminatorio e in linea con il diritto internazionale e che la protezione dei più vulnerabili sia la priorità».