istock-1202557009-2

Covid-19 all’estero. Per lavoro, per scelta di vita, per volontariato

E’ in uscita il numero di aprile del mensile L’Eco delle valli valdesi. La distribuzione sarà limitata a causa delle disposizioni legate al Coronavirus, ma sulla home page riforma.it potete scaricare l’intero numero per la lettura. Questo che segue è un articolo che raccoglie le testimonianze di alcune persone legate alle valli del pinerolese, in questo momento all’estero.

 

Erica Scroppo (Cambridge, Gran Bretagna)

Con 468 decessi e 9800 casi a tutt’oggi non sembra ancora emergenza, ma dopo appelli e ingiunzioni dal 23 marzo sono state attivate misure drastiche: scuole e università, uffici pubblici, tutto chiuso eccetto poste, banche, farmacie e alimentari. Chiese, teatri, cinema avevano già chiuso i battenti. Con pub e ristoranti è stato meno facile. Da subito è stato invitato ad auto-isolarsi chi si trovi con sintomi di virus. Chi ha un cane può andare al parco e si può correre, fare spese, andare in bici o passeggiare a distanza di due metri dagli altri, una volta al giorno. Chi insegna fa lezione online. Le scuole sono aperte per i figli di addetti ai servizi di emergenza. L’11 marzo si sono avuti i messaggi da parte dei medici di base: non recarsi in ambulatorio, telefonare solo per casi urgenti a un numero da chiamare per casi sospetti.

La Nhs (Sanità pubblica) ha inviato 1,5 milioni di lettere a persone a rischio con preghiera di non uscire. Richiamati oltre 11.700 medici e infermieri in pensione. Reclutati 5.500 studenti di medicina e 18.700 studenti di infermeria all’ultimo anno.

Martedì 24 l’appello del Governo per 250.000 volontari per aiutare esercito e polizia in varie incombenze, da telefonate ad anziani soli per spese e sostegno al trasporto di medicinali e strumenti all’accompagnamento di persone guarite, in sole 24 ore ha generato oltre 505.000 risposte. Chiese e charities varie lo fanno da settimane.

Grandi centri espositivi sono temporaneamente trasformati in ospedali: l’Excel Centre londinese, rinominato Nightingale (dalla famosa Florence) con 4000 posti per affetti dal virus sarà aperto a giorni. Dal 23 marzo le grandi catene alimentari offrono orari per spese per il personale Nhs e per anziani tre giorni a settimana. Le banche offrono di non far pagare fino al 30 aprile lo scoperto nel conto. La Dyson, nota per gli aspirapolvere, è stata incaricata di costruire con urgenza 10.000 ventilatori.

L’arcivescovo di Canterbury (Church of England) aveva invitato la popolazione ad accendere una candela alle 19 di domenica 22, moltissimi hanno acceso anche le luci natalizie. Londra e molte altre città hanno giganteschi segnali luminosi che ringraziano la Nhs e giovedì 26 alle 20 tutto il Regno Unito (annunci in radio tv giornali internet) è stato invitato a uscire su balconi, giardini, porte e applaudire i lavoratori che con coraggio e abnegazione si stanno prodigando quotidianamente.

Gabriella Costabel (Stoccarda, Germania)

Forse non sapremo mai o comunque non molto presto quale strada umana abbia preso il Coronavirus partendo dalla Cina e in quale luogo del nostro continente abbia incominciato a diffondersi. Però possiamo seguire chiaramente in che ordine i Paesi europei hanno reagito e in che modo, fino ad arrivare (quando scrivo, il 25 marzo) a misure di contenimento ormai molto simili dappertutto, ma con qualche differenza.

Per alcuni aspetti sono contenta di essere in Germania anziché in Italia, faccio due esempi. La comunicazione: non ho mai guardato il bollettino a reti unite delle 18 e non lo guarderò mai, i numeri si possono anche leggere su diversi siti senza questa nefasta messa in scena, non credo che siamo in guerra e sono convinta che questo tipo di comunicazione faccia più male che bene. Al confronto in Germania la cancelliera tranquilla ma chiara («queste non sono indicazioni, sono regole che bisogna seguire») o i diversi podcast dei virologi che ormai stanno diventando delle star mi sembrano più consoni alla situazione, non c’è bisogno di terrorizzare la gente, bisogna informarla.

Stare tappati in casa o stare lontani gli uni dalle altre? Certo anche in Germania l’ordine è quello di evitare al massimo qualunque uscita, ma sempre con il corollario «perché è un’occasione di incontro». Invece di continuo si invita a fare attività sportiva all’aria aperta, rigorosamente da soli naturalmente, o addirittura ad andare al lavoro (se si deve) in bici o a piedi per evitare i mezzi affollati. Per fortuna finora non ho ancora visto nessun video di sindaci tedeschi che urlano ai loro cittadini alle loro cittadine «state a casa», e quelli italiani non mi fanno ridere.

D’altra parte, però, passo un sacco di tempo in Internet a informarmi sulla situazione italiana con un misto di tristezza per le tante persone colpite dal lutto e rabbia per la situazione della sanità, sono andata via dall’Italia alla fine degli anni ‘80 e non ricordo che fosse il massimo neanche allora, ma a quanto pare adesso è ancora peggio. E in mezzo a tutto questo vedo improvvisamente, con immensa gioia, colleghi e colleghe che non incontro da anni, che, con naturalezza e professionalità, caricano su Facebook il video di una meditazione o fanno un culto in streaming. Ecco, in mezzo a tutti i sentimenti negativi che comporta questa crisi queste cose mi donano speranza e sono sfacciatamente orgogliosa delle nostre piccole chiese evangeliche italiane che nonostante il divario di mezzi, nella comunicazione digitale sono esattamente all’altezza se non anche un po’ più avanti delle grandi chiese del Nord. E questo è importante e bello, grazie!

Richard Fodor (Prievidza, citta gemellata con Luserna S.G., Slovacchia)

In Slovacchia finora non abbiamo tanti casi; all’inizio della scorsa settimana erano 185, anche se ogni giorno vediamo un incremento degli ammalati. Personalmente sono stato via e sono ritornato il 27 febbraio: ero a New York City (alla mia partenza 0 casi – oggi 20.000).

Per fortuna il giorno del primo caso il governo slovacco ha chiuso quasi tutto (aperti sono rimasti gli alimentari e le farmacie; le unità produttive chiudono giorno per giorno, anche quelle grandi come WV, Land Rover, Kia, R&P).

La vita sociale è frenata, casa, lavoro, casa, lavoro…; sono direttore di casa di riposo – all’inizio da noi vi era il divieto di visite, però gli ospiti uscivano fuori – quindi abbiamo posto il blocco totale.

La gente secondo me ha capito subito il pericolo; (ovviamente anche da noi ci sono quelli che fanno il contrario di quello che fa la maggioranza); mi dispiace che soprattutto pensionati sottovalutano la situazione (non tutti) ma se si incontrano per la strada dieci persone, otto sono pensionati.

Tutti siamo preoccupati di come va la vita perché non vediamo ancora la fine. Fino a che tutti in Europa non si renderanno conto della realtà non risolviamo niente, perché la gente va in giro. E fino a che c’è anche un solo caso siamo sempre in pericolo. 

Dobbiamo imparare dalla Cina e dall’Italia. Però dobbiamo guardare avanti (da noi si dice: dopo ogni tempesta esce sole), protetti, senza mascherina da noi non si esce.

Samy Odin (Parigi, Francia)

La pandemia che colpisce il nostro vecchio mondo è diversamente percepita, da paese a paese. In Francia, i governanti sembrano aver adottato una politica che anela a salvare sia la capra sia il cavolo, a scapito di risultati davvero efficaci per l’una o per l’altro.

Come pure avviene in Italia, la mediocre maturità del popolo in materia sanitaria favorisce una progressione esponenziale del virus con le sue inevitabili conseguenze: ospedali oberati, penuria di metodi di prevenzione e di cura, panico dei cittadini che, malgrado l’intossicante informazione continua, risultano disinformati e agiscono in modo irrazionale, un numero di vittime in costante aumento…

Penso con gratitudine a tutti coloro che lottano contro questa epidemia e che rendono questo periodo di confinamento vivibile: il corpo sanitario, il personale dei trasporti pubblici, i commercianti autorizzati a esercitare, i funzionari municipali e statali che mantengono l’ordine e la pulizia, il mondo associativo, le comunità artistiche e religiose sempre solidali nei confronti dei più deboli.

Martina Porporato (Colonia Valdense, Uruguay)

Dal primo momento in cui sono stati scoperti i primi casi di Covid-19 si sono cominciate a adottare tutte le misure preventive necessarie a evitare la diffusione del virus. Scuole e università chiuse, cancellazione di tutti gli eventi sportivi, chiusura di palestre, bar, ristoranti.. le persone sono invitate a rimanere in casa; si può uscire a passeggiare però in “solitaria”, evitando assembramenti di più persone. Ci sono controlli da parte della polizia.

Qua nell’hogar, (la casa di riposo per persone anziane dove svolgo il mio periodo di volontariato) come anche in Italia in questo tipo di strutture, sono in vigore obbligo di mascherine per tutto il personale, sospensione delle attività extra di animazione, vietate le visite di amici e parenti, se non in casi estremi e con consenso del direttore sanitario.

Tutto questo già due settimane fa: potrebbe sembrare prematuro, ma penso che sia stata una decisione saggia, quanto meno stanno cercando di controllare la situazione il più possibile per evitare che la situazione degeneri ulteriormente.